«Non si può avere un rapporto bardati da astronauta»

Di Caterina Giojelli
03 Settembre 2018
«Oggi l’educazione sessuale è diventata un addestramento, il sesso un rischio da affrontare “responsabilmente”. Ma come si fa ad avvicinarsi all'altro come se fosse un pericolo?». Intervista a Vigil Pilar, esperta mondiale di fertilità



Dicono ai ragazzi che l’identità non conta, conta l’amore, «ma che stupidata. Non esiste l’amore in astratto, esiste la persona che ama ed è amata. Esiste l’amore incarnato, che si fa carne. E in ogni singola cellula della nostra carne, del nostro corpo, è iscritta una identità, una identità sessuata». Vigil Pilar è docente alla Facoltà di Scienze Biologiche della Pontificia Università Cattolica del Cile, membro della Pontificia Accademia per la Vita, presiede il programma di formazione “Teen Star” applicato in 56 paesi del mondo, dirige il Reproductive Health Research Institute, che ha sede a New York e Santiago del Cile: in altre parole Pilar, con centinaia di congressi e pubblicazioni alle spalle, è riconosciuta come l’esperta mondiale della fertilità umana. Al Meeting di Rimini è stata protagonista dell’incontro, partecipatissimo dai giovani, “L’unità della persona”, ha parlato di umano come di un’unica totalità di corpo e anima, di intimità come capacità di esistere nel cuore dell’altro e questo, ha ribadito, «è possibile solo quando si ha un’ identità. Negando la propria identità la relazione con l’altro non è più possibile perché serve una reciprocità nel dare e nel ricevere, oltre che una gratuità. Se io riconosco la mia vera natura, sto con te, ti permetto di esistere e permetto a me stessa di esistere. La cosa importante è imparare a riconoscersi».
Il punto è che questo modo di affrontare la dimensione affettiva e sessuale è vincente. Ritarda l’esordio sessuale, riduce drasticamente il numero di gravidanze tra i giovani che lo seguono rispetto ai coetanei che utilizzano ogni mezzo anticoncezionale, e si capisce che in paesi dove l’Aids e è emergenza quotidiana e la distribuzione di preservativi a pioggia non funziona, la cosa si è fatta interessante. Pilar ovviamente inorridisce all’idea che Teen Star sia trattato alla stregua di un inibitore di gravidanze, «non siamo un programma di prevenzione, siamo nati per educare i ragazzi ad esercitare la libertà in modo critico e responsabile, orientando le scelte quotidiane rendendoli consapevoli dei condizionamenti culturali e sociali del contesto in cui vivono. Per questo il nome Teen Star, Sexuality Teaching in the context of Adult Responsibility, ossia educazione sessuale in un contesto di responsabilità adulta».
Ma che problema c’era, perché dare vita a un altro programma di educazione sessuale?
Il problema c’era e c’è: persi i punti di riferimento tra gli adulti, persa l’autorità adulta, i ragazzi hanno iniziato a vivere in modo assolutamente confuso e contraddittorio le reazioni affettive, privi di una mancanza di conoscenza di sé, non sanno chi sono, di cosa sono fatti. Il metodo Teen Star, che è stato poi “benedetto” da papa Giovanni Paolo II, è stato inventato negli anni Ottanta dalla ginecologa Hanna Klaus, missionaria in Pakistan, che durante la rivoluzione sessuale andava nelle comunità hippy, non a fare prediche, ad ascoltare e fare emergere le domande di chi aveva fatto di una “libertà sessuale” il suo credo. Chi sono, perché esisto? Sono domande costitutive e quando ci siamo incontrate abbiamo deciso di accogliere la sfida di fare formazione considerando la sessualità una dimensione che racchiude tutte le dimensioni della persona, integrando l’appena sbocciata capacità sessuale dei giovani con lo sviluppo della personalità e il processo identitario in atto. La sessualità non è il mero esercizio della pulsione sessuale, l’educazione sessuale non è la riduzione dei gesti del desiderio a norme o pratiche, tecniche buone a non subire conseguenze indesiderate.
Come si fa a dirsi esperti senza cadere nel tecnicismo?
Tutti abbiamo una sessualità, fa parte dell’essere umano, o siamo tutti esperti dell’essere umano o non lo è nessuno. E all’essere umano interessa realizzare il suo desiderio di amare ed essere amato, non proteggersi da questo desiderio. Invece oggi cosa succede? C’è la pillola, il preservativo, l’impianto, la terapia retrovirale, quella virale, protettori di ogni genere. E l’educazione sessuale è diventata una sorta di addestramento alla protezione da un indefinibile nemico, il sesso un rischio da affrontare “responsabilmente”, in altre parole bardati da astronauti nell’andare verso l’altro. Ma l’intimità chiede tutto, vuole perfino il cuore dell’altro. Come si fa ad avvicinarsi al più intimo dei gesti come se andassimo incontro a un pericolo?
Ma questo desiderio di amare ed essere amati come fa ad essere affrontato responsabilmente e liberamente, senza conformarsi a norme e condizionamenti?
Responsabilità non è sinonimo di prevenzione e libertà non lo è di libertinaggio. Per i guru della prevenzione e del nomadismo sessuale non è importante quello che fai ma come lo fai. E questo è in entrambi i casi un profondo tradimento dell’unità della persona. Dobbiamo rifuggire ogni astrazione cartesiana per non negare il corpo, io non esisto perché penso ma esisto perché qualcuno prima di me mi ha amato, esisto come frutto di una relazione ma esisto con un corpo che è segno materiale della mia esistenza. E al contempo dobbiamo evitare ogni riduzione di noi stessi al corpo, perché non siamo solo corpo ma unità di corpo e spirito, tutti i miei atti lo sono. Come è possibile sentirsi liberi quando si consegna il corpo ad altri senza lo spirito? Ci vuole una maturità per integrare ragione e affetto, per questo il periodo dell’adolescenza è il più importante per acquisire la propria identità.
Oggi però per parlare di identità si sta adottando un linguaggio che punta a neutralizzare ogni differenza: lo slogan di oggi è “non contano le differenze, conta l’amore”.
Quando si inizia a parlare per slogan non si sta parlando più di nulla. Ogni discorso sulla sessualità volutamente dimentico del dato biologico fa precipitare i giovani in una sorta di analfabetismo rispetto a se stessi, e quando siamo analfabeti diventiamo manipolabili. L’unico modo per generare solide identità è la conoscenza di sé, comprendere chi realmente siamo e che siamo tutti sessuati fino all’ultima cellula, fegato, capelli, unghie, tutto ha in sé scritto la nostra identità sessuata. Siamo fatti di aspetti emotivi, razionali, trascendenti, ma anche biologici, la formazione dell’identità personale è data dall’unità di ogni dato.
Ma ai ragazzi interessa questo discorso sulle identità liquide, le differenze, “essere tutto ciò che vuole” che ossessiona il mondo adulto nei loro confronti?
Ai ragazzi non importa nulla di quello che vorrebbero o potrebbero essere, l’educazione non è un problema di infinite possibilità. Ai ragazzi importa sapere chi sono, e questo si raggiunge rispondendo a una serie di informazioni molto pratiche utili alla loro quotidianità. Perché ingrasso, perché ho i peli, quando avrò il ciclo, perché ho l’acne: sono queste le domande delle ragazze e conoscendo la fisiologia del proprio corpo, i segnali della propria fertilità, l’ovulazione, potranno iniziare a gestire la quotidianità in modo pratico, ragionevole e a poco a poco conquistare la consapevolezza della propria capacità generativa. Se impara a leggere segnali del suo corpo per ovviare ad aspetti pratici, una ragazza impara a leggere e non perderà più la capacità di leggere molto altro di sé, saprà guardarsi dentro, se è pronta o meno ad accogliere un altro, diventare madre. Avrà una identità solida e quando i giovani acquisiscono una identità solida cambia il loro modo di affrontare l’altro. Ci sono esempi molto pratici, non stiamo parlando in astratto. Sì, poi tutti riducono questo a “Teen Star abbassa il tasso delle gravidanze”, ma se un giovane rinuncia e rimanda l’incontro sessuale perché vive così in pienezza il rapporto con l’altro da capire che non si può approcciare a chi ama bardato da astronauta e proteggendosi dal desiderio, questa si può chiamare prevenzione? E badi bene, non è bigottismo. È molto più facile che sia un laico a capire che questo non è un sacrificio, come lo intendono molti credenti fino al matrimonio, ma un beneficio, un bene immediato.

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