Nuova sfida (cruciale) per la Chiesa cattolica Usa

Di Lorenzo Albacete
24 Maggio 2001
George W. Bush è il primo Presidente ad aver pronunciato un discorso in spagnolo. Mentre il New York Times s’interroga sulle sfide della “presenza ispanica” nella vita americana, la Chiesa cattolica ha una nuova opportunità. Che non può sciupare

Qualche settimana fa George W. Bush è diventato il primo Presidente americano ad aver pronunciato un discorso in spagnolo e il New York Times mi ha chiesto di scrivere un commento su questa nuova sfida culturale lanciata alla vita americana. Mi è sembrato interessante il riconoscimento che alla base della cultura sta il senso religioso, cioè il modo in cui entriamo in relazione con la totalità del reale per fare esperienza del significato della vita. Ciò che si chiede il New York Times è: la presenza ispanica negli Usa avrà incidenza su questo livello della vita? Prima di tutto è importante capire se esiste davvero una “presenza ispanica” o non si debba parlare semplicemente di singoli individui ispanici. Molti pensano che quanto noi indichiamo come “ispanico” rappresenti in realtà un’ampia varietà di culture; che in America latina un unico mondo ispanico non è mai esistito, tanto che tra messicani e argentini non c’è in comune molto di più che tra un inglese e un irlandese; che l’idea di una singola cultura “americana” sia anacronistica. E in un certo senso ognuna di queste affermazioni è vera. Io però vorrei dire che tutte le culture ispaniche hanno un’origine comune, la tradizione cattolica spagnola o iberica, e che le diverse culture che ne sono nate riflettono il modo in cui questo cattolicesimo ha interagito con altri gruppi culturali (come le culture degli indiani americani e quelle africane, ma anche le tradizioni europee francese e anglosassone). Tuttavia se in America latina quest’origine comune non è riuscita a elaborare un’unica “cultura ispanica”, perché mai dovrebbe averne creata una negli Usa? La risposta, naturalmente, è che non l’ha creata. Tuttavia negli Usa esistono fattori che in America latina non erano presenti, elementi economici, politici, linguistici, che hanno già creato la categoria di “ispanico”. Effettivamente la relazione tra culture ispaniche e cultura dominante americana sta mettendo insieme gli ispanici di ogni luogo dell’America latina creando in loro la consapevolezza di rappresentare una realtà socio-economico-linguistica. Un processo che si sta svolgendo all’interno del mondo protestante secolarizzato Usa, in conflitto con l’ethos di derivazione cattolica all’origine dell’identità ispanica. Non è possibile prevederne le conseguenze. Se la Chiesa cattolica degli Usa coglierà l’opportunità di diventare una forza generatrice di cultura, il risultato non sarà il “trionfo” della cultura ispanica su quella nordamericana, ma la creazione di una nuova affascinante sintesi. Se invece perderà quest’occasione, la cultura dominante assimilerà a sé la presenza ispanica. In questo caso Ricky Martin e Jennifer Lopez, più di San “Charlie” Rodriguez (il portoricano diventato il primo cittadino laico Usa ad essere elevato alla gloria degli altari), rappresentano la tendenza del futuro.

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