
Obama vieta ai soldati in Afghanistan di parlare male dei talebani
Non discutere mai dell’islam, non parlare mai di altre religioni o forme di spiritualità, non pronunciare mai espressioni offensive a proposito dei talebani, non perorare la causa dei diritti della donna e dell’uguglianza fra uomo e donna, non discutere mai di omosessualità e di comportamenti omosessuali. Elencati così, parrebbero divieti imposti dai talebani nelle aree dell’Afghanistan sotto il loro controllo. E invece no, si tratta di proibizioni che lo Stato maggiore dell’esercito americano impone… ai soldati americani!
Pare impossibile, ma un manuale di comportamento in terra afghana coi contenuti di cui sopra sta per essere consegnato ai militari americani in partenza o già in missione. Edito dal ministero della Difesa, il manuale è stato elaborato dall’Army’s Center for Army Lessons Learned di Fort Leavenworth. A ispirarlo è la convinzione che molti degli attacchi alle forze della coalizione, in particolare quelli compiuti da membri delle stesse forze di sicurezza afghane, quest’anno particolarmente numerosi, dipenderebbero da malintesi culturali e da suscettibilità locali mal comprese. Da qui la necessità di dettare norme di comportamento che, secondo chi le ha redatte, dovrebbero ridurre l’esposizione al pericolo delle truppe.
Molti non hanno preso bene l’iniziativa, sia fra gli alti ufficiali che fra i commentatori in patria. Il generale John Allen, comandante in capo delle forze americane in Afghanistan, si è rifiutato di scrivere una prefazione al manuale e attraverso un portavoce ha fatto conoscere il suo dissenso rispetto ai contenuti, un atto davvero inusitato. Wesley Pruden, già direttore del Washington Times, ha avuto parole sarcastiche: «Il nuovo manuale ordina al personale militare americano di astenersi dal dire qualunque cosa che possa offendere i talebani in Afghanistan, di fare attenzione a non criticare la pratica dei rapporti sessuali con minori, gli abusi contro le donne, le decapitazioni, i massacri di studentesse e l’assassinio di “infedeli” e altri musulmani che i talebani giudicano poco devoti. Si presume che i soldati americani possano continuare a credere nelle cose che sono state loro insegnate al catechismo o dalle loro stesse madri, almeno per adesso. Ma devono tenersi quelle idee per sé. (…) Eisenhower non ha mai ammonito i suoi soldati alla vigilia del D-Day di non parlare male dei nazisti per non subire le loro rappresaglie. Né il presidente Roosevelt ha mai descritto le decapitazioni di piloti americani da parte dei giapponesi nel 1942 come “violenza legata al contesto” per evitare di offendere il Giappone».
Il manuale è accusato di demoralizzare i soldati perché giustificherebbe l’idea che sono loro stessi responsabili degli attacchi che subiscono, e non i talebani che li compiono o che li ispirano, e perché mette al bando la loro libertà di espressione e “di lamentela”, fondamentale valvola di sfogo per uomini chiamati a rischiare la vita tutti i giorni. C’è chi parla di ennesimo “inchino” dell’amministrazione Obama al radicalismo islamico.
Curiosamente, il nuovo manuale di comportamento per le truppe americane è stato preceduto, tre mesi fa, da un manuale del ministero della Difesa afghano diretto ai propri soldati per metterli in guardia da possibili equivoci e incomprensioni con gli alleati americani causati da differenze culturali. Nel testo afghano però non c’è traccia di divieti linguistici o comportamentali, e ci si limita a spiegare il significato di certi atteggiamenti dei soldati americani che gli afghani potrebbero trovare offensivi. «Non offendetevi se un membro della Nato si soffia il naso di fronte a voi», spiega la guida. «Quando soldati della coalizione sono in stato di eccitazione», prosegue, «possono mostrarlo con pacche sulla schiena o sul sedere. Possono farlo anche con voi per comunicarvi che sono soddisfatti del vostro lavoro. Anche in questo caso, non offendetevi». Anche l’abitudine americana di stendere le gambe sulla scrivania viene spiegata e giustificata: «Quando qualcuno si sente a suo agio alla vostra presenza, potrebbe anche mettere i piedi sulla sua scrivania mentre vi parla. Non ha intenzione di offendervi: semplicemente non conoscono o hanno dimenticato la consuetudine afghana». Che è quella di tenere i piedi ben piantati per terra quando si parla con qualcuno, perché puntare le suole delle proprie scarpe contro l’interlocutore è considerato un insulto molto serio in Afghanistan.
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