Obiettivi di sviluppo (in)sostenibile. Diamoci delle priorità

Bisogna passare dalla vuota retorica e dalle promesse illusorie (e costose) a dirci cosa, davvero, si può fare. All'Italia interessa avviare un dibattito su questo?

Tredicesimo e ultimo articolo della serie di Bjørn Lomborg dedicata agli studi del Copenhagen Consensus su come la comunità internazionale può stabilire “Obiettivi di sviluppo sostenibile” davvero raggiungibili, a differenza dei velleitari 169 obiettivi fissati dall’Onu per il 2030. Le altre uscite della serie sono reperibili qui.

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Il mondo si trova ad affrontare molte sfide, tra l’impatto dell’inflazione e dell’innalzamento dei tassi d’interesse, gli effetti persistenti della pandemia di Covid e conflitti geopolitici come l’invasione russa dell’Ucraina. In mezzo a tutto questo, il 2023 segna la metà del tempo stabilito per la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile [Sustainable Development Goals, ndt], l’esagerata lista di 169 ambizioni con cui tutti i leader globali hanno promesso qualunque cosa a chiunque.

In tutto il mondo i governi hanno promesso di mettere fine alla fame, alla povertà e alle malattie, di fermare il cambiamento climatico, la corruzione e la guerra, garantendo nel frattempo educazione di qualità e qualsiasi altra bella cosa si possa immaginare, comprese mele bio e orti comunitari per tutti.

Non sorprende che il mondo stia tradendo quasi ogni singola promessa fatta. Siamo a metà del tempo, ma nemmeno lontanamente a metà del percorso. Dobbiamo fare meglio.

Per prima cosa c’è bisogno di discutere meglio sulle priorità. Il mio think tank, il Copenhagen Consensus, collabora con diversi governi in tutto il mondo, dall’Uganda a Tonga all’Uzbekistan, per supportare le scelte di spesa nazionale attraverso lo studio delle misure che producono i maggiori benefici per ogni euro stanziato. Se c’è l’interesse politico, possiamo farlo anche per l’Italia. Il punto di partenza è un dibattito nazionale sulle priorità principali.

In secondo luogo, dobbiamo salvare gli obiettivi globali e farla finita con le esitazioni. Poiché le risorse sono scarse ovunque, dobbiamo dare la priorità innanzitutto alle cose migliori.

Purtroppo molti leader mondiali credono ancora che la via da seguire sia presentarsi all’Onu quest’anno e pronunciare nobili parole su quanto sia importante realizzare ognuna delle 169 promesse, e poi lasciare intendere che solo puntando alle stelle arriveremo da qualche parte.

Ma le pie illusioni non cambieranno il fatto che non c’è modo di mantenere tutte queste promesse nel tempo stabilito. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ora invoca un improbabile pacchetto da 500 miliardi di dollari l’anno per finanziare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. È pari a diverse volte quanto già spendono i paesi ricchi in aiuti internazionali. Semplicemente, non accadrà.

Anche qualora si riuscisse a convincere i contribuenti di tutto il mondo a pagare mezzo bilione di dollari, sarebbe ancora un ventesimo del necessario. Realizzare tutte le promesse avrebbe un costo stimato che si aggira intorno a 15-20 mila miliardi di dollari all’anno. Attualmente, meno di un quarto di questi fondi è stanziato ed è speso nei paesi ricchi, non nei paesi poveri dove il bisogno di sviluppo è maggiore.

Si registra così un ammanco annuale di 10-15 mila miliardi di dollari, il che equivale all’intero gettito fiscale – 13 mila miliardi di dollari – di tutti i paesi del mondo messi insieme. È un gap finanziario che non può essere colmato.

Dobbiamo passare dalla vuota retorica e dalle promesse da migliaia di miliardi di dollari a un’azione concreta ed efficiente che richieda miliardi di dollari. È ora di concentrare la nostra attenzione su ciò che conta di più.

La verità è che tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, alcune promesse non hanno soluzioni efficaci ed economicamente sensate. Altre promesse invece permettono investimenti incredibilmente efficaci e possono produrre progressi sbalorditivi per pochi miliardi di dollari di spesa ogni anno.

Prendete ad esempio un impegno cruciale come quello di migliorare l’educazione. La ricerca ha costantemente dimostrato che ci sono modi economici ed efficienti di accrescere l’apprendimento. Impiegare tablet con applicazioni educative per appena un’ora al giorno costa per un anno solo 20 dollari a studente, a fronte di risultati nell’apprendimento che normalmente richiederebbero tre anni. Esistono piani didattici semistrutturati che possono mettere gli insegnanti nelle condizioni di insegnare in modo più efficiente, raddoppiando ogni anno i risultati di apprendimento al costo di appena 10 dollari a studente. Si può migliorare drasticamente l’educazione per mezzo miliardo di alunni della scuola primaria nella metà più povera del mondo spendendo meno di 10 miliardi di dollari all’anno. Un simile investimento genererebbe aumenti della produttività a lungo termine pari a 65 dollari per ogni dollaro speso.

O, ancora, prendete la promessa di ridurre la fame. Serve una seconda Rivoluzione verde. Le svolte degli anni Sessanta crearono sementi più efficienti che permisero agli agricoltori di produrre più cibo a costi inferiori. Oggi per la metà più povera del mondo c’è un bisogno disperato di ricerca e sviluppo in ambito agricolo. Una spesa che ridurrebbe la malnutrizione, aiuterebbe gli agricoltori a diventare più produttivi e abbasserebbe i costi degli alimenti. Spendere ogni anno 5,5 miliardi di dollari potrebbe produrre a lungo termine in termini di benefici un ritorno incredibile, stimabile in 184 miliardi di dollari.

Semplici misure da adottare per migliorare le condizioni igieniche e sanitarie in prossimità del parto potrebbero salvare la vita di 166 mila madri e 1,2 milioni di neonati ogni anno, per meno di 5 miliardi di dollari.

Gli economisti che collaborano con il Copenhagen Consensus hanno individuato 12 formidabili iniziative che produrrebbero benefici enormi nell’ambito degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, a costi relativamente contenuti. Potete leggere di più su questo nel mio nuovo libro, Best Things First. A fronte di una spesa annuale totale di 35 miliardi di dollari, potremmo fare tutto quanto detto sopra, e inoltre potremmo scongiurare un milione di vittime della tubercolosi ogni anno di qui al 2030, migliorare i registri della proprietà fondiaria, potenziare il commercio, ridurre la diffusione della malaria, permettere a più lavoratori specializzati di espatriare per ridurre le diseguaglianze, migliorare i livelli di immunizzazione, fare grandi passi avanti nell’alimentazione dei bambini e salvare 1,5 milioni di vite da malattie croniche e ipertensione.

Complessivamente queste misure possono preservare 4,2 milioni di vite ogni anno, e ogni anno rendere i paesi poveri del mondo più ricchi di oltre 1,1 mila miliardi di dollari. Per dirla in termini economici, ogni dollaro speso produrrebbe in benefici sociali l’incredibile valore di 52 dollari.

Perseguire questi 12 investimenti fenomenali è probabilmente la cosa migliore che il mondo possa fare in questo decennio.

Dobbiamo avviare anche in Italia un dibattito nazionale sulle priorità. E dobbiamo assicurarci che nel mondo ci sia un dibattito analogo sulle sue tante priorità. Salviamo l’agenda degli Obiettivi di sviluppo sostenibile e sfruttiamo al meglio i sette anni che rimangono. Diamo la priorità a quello che può produrre i benefici più straordinari per il mondo.

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