Obligo di doping

Di Fred Perri
03 Giugno 2004
Una ventina di anni fa – ero all’inizio della mia folgorante carriera

Una ventina di anni fa – ero all’inizio della mia folgorante carriera – frequentavo un collega simpatico, più grande di me, che viveva in campagna e aveva una moglie farmacista. Con molto divertimento, mi raccontava che, quando era studente, gareggiava in bici e quella che sarebbe diventata sua moglie gli allungava le pasticche per bombarsi e andare più forte. Parliamo di gare amatoriali di ciclismo di inizio anni ‘70. Quando veniamo travolti dalle inchieste sul doping, quindi, non rimango sorpreso. C’era allora, c’è adesso, ci sarà in futuro. C’è a tutti i livelli. E non vedo perché non dovrebbe esserci. Anzi non vedo perché dovrebbe essere fuorilegge. Viviamo nell’epoca meravigliosa dell’euro che piace tanto a Prodi. L’altro giorno volevo comprarmi una giacca e mi hanno chiesto 429 euro. E non era neanche del mio amico Giorgio (Armani). In serata sono andato al cinema e ho fatto lo splendido con la mia signora: un caffè e un’acqua minerale per 2 euro e 50, 5000 mila lire, bamboloni! E voi vi stracciate le vesti perché un poveraccio che deve scapicollare con due ruote il Pordoi prende la bomba? Ma fatemi il piacere. Per tirare avanti nella meravigliosa Europa dei popoli e delle culture, altra soluzione non vedo se non quella di doparmi anch’io. In fondo che cos’è la vita se non una tremenda tappa in salita?

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