Omaggio ad un magistrato (e alla vita)

Di Marina Corradi
10 Giugno 2004
«Non si difende in realtà alcun figlio, ma la propria volontà di averne uno

«Non si difende in realtà alcun figlio, ma la propria volontà di averne uno conforme ai propri desideri, sacrificando a questo obiettivo tutti i figli difformi che venissero nel frattempo».
Omaggio a un magistrato. Quello del tribunale civile di Catania, intervenuto sul ricorso di una coppia portatrice di talassemia, che chiedeva, in contrasto con la nuova legge sulla fecondazione assistita, l’analisi pre-impianto e la selezione degli embrioni sani, per impiantare solo questi in utero. Ricorso rigettato, grande clamore sui media, e grande confusione: si è gridato alla “legge crudele” – ottimo slogan per il possibile referendum sulla legge 40 – e si è sostenuto a spada tratta il “diritto ad avere un figlio sano”. Diritto garantito non si da chi, e comunque ad ogni costo, benché di questi “costi”, e del fatto che selezionare un embrione sano ed eliminarne cinque o sei difettosi si chiami eugenetica, non parli nessuno (in Germania, dove non hanno ancora dimenticato la lezione della storia, l’analisi pre- impianto è vietata dalla legge).
In tanto rumore, silenzioso è rimasto solo il giudice che ha firmato la sentenza, il dottor Felice Lima da Catania. Per lui, tuttavia, parla la sua sentenza. Eccone alcuni brani.
Nel ricorso la coppia afferma di voler tutelare «l’interesse costituzionalmente garantito e vincolante del nascituro a nascere sano». Lima: «Non ha senso affermare che questo interesse del nascituro andrebbe tutelato non facendolo nascere, perché non fare nascere qualcuno è la più radicale negazione possibile del suo interesse a nascere sano. Ancora una volta si afferma di voler difendere il diritto a nascere sano, e si difende invece un preteso diritto dei genitori a avere solo figli sani a qualunque costo, diritto che la Costituzione non riconosce… La Costituzione non prevede un diritto dei genitori ad avere un figlio come lo desiderano. Sotto certi profili, la Costituzione non prevede neppure un diritto assoluto alla salute di ciascuno; quella salute non può essere perseguita, per esempio, in danno della salute altrui».
(Dunque, non a qualsiasi prezzo. Se il selezionato perfetto, il vincitore, ha tutto questo diritto a nascere sano, qualche straccio di diritto dovevano forse averlo anche gli sconfitti, i difettosi, gli scartati. Quelli di cui nessun giornale ha fatto parola).
Ma, addirittura, il ricorso accusa di “incostituzionalità” il divieto posto dalla legge alla selezione degli embrioni. Si tratterebbe non solo «di una scelta del legislatore non opportuna o “crudele” per le conseguenze dolorose che verrebbero a determinarsi, ma anche in palese contrasto con i principi di uguaglianza, di tutela della persona e della salute intesa come “integrità psicofisica”».
E qui il giudice appare sbalordito. «è difficile francamente – ribatte – capire in che senso non soddisfare la pretesa di una coppia di produrre un indeterminato numero di embrioni da selezionare, eliminando i malati e impiantando i sani, violerebbe i princìpi di uguaglianza (?) e di tutela della persona e il diritto alla salute “intesa come integrità psicofisica”. Vale la pena di sottolineare come non faccia parte dei diritti della persona la possibilità di selezionare eugeneticamente i suoi figli». E questa è la sentenza del tribunale di Catania per cui tutti hanno gridato alla “legge crudele”, senza avere probabilmente nemmeno letto gli argomenti del giudice, altrimenti – forse – qualche esitazione l’avrebbero avuta.

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