Pakistan. Tredici cristiani accusati di blasfemia dovranno rimanere in carcere. «Giudice prevenuto»

Di Redazione
04 Settembre 2015
Nuovo caso nel paese musulmano dove un gruppo di cristiani è stato accusato di usare una parola riferibile solo a Maometto. «Ma è solo la traduzione di "apostoli" e "discepoli"»
epa04562964 Supporters of banned Islamic charity Jamat-ud-Dawa protest controversial French magazine Charlie Hebdo's decision to publish a depiction of the Prophet Mohammed, in Peshawar,, Pakistan, 16 January 2015. According to local reports the Pakistani authorities have deployed thousands of police and paramilitary troops across the country as right-wing parties and Islamic groups called for protests following Friday prayers against the controversial French magazine Charlie Hebdo which published a depiction of the Prophet Mohammad, widely considered to be blasphemy by many Muslims. EPA/ARSHAD ARBAB

Gujrat, Pakistan. Cristiani accusati di blasfemia dovranno rimanere in carcere. L’agenzia Fides ha raccontato l’ultimo caso che coinvolge un gruppo di credenti arrestati nel paese musulmano con l’accusa di aver offeso l’islam per aver diffuso alcuni manifesti in cui si utilizzava la parola “rasool” che è un attributo del profeta Maometto. Il Tribunale anti-terrorismo di Gujranwala ha negato la cauzione per la loro scarcerazione e ora i tredici cristiani, tra cui anche un pastore protestante, Gill Aftab, dovranno rimanere dietro le sbarre. Scarcerato solo il tipografo musulmano che aveva stampato i manifesti.

GIUDICE PREVENUTO. Fra i tredici, appartenenti alla comunità “Biblical Church of God”, anche un uomo che vive a Sheikhupura, lontano da Gujrat, dove si sono verificati i fatti, che si è professato estraneo alla vicenda. Secondo l’organizzazione non governativa Claas, «il giudice è stato prevenuto nel decidere e ha espresso i suoi sentimenti personali affermando che non si può tollerare tale dicitura».
Secondo Joseph Francis di Claas, «l’atteggiamento del giudice è stato un ostacolo alla giustizia, in quanto il termine “rasool” è presente nella Bibbia in urdu come traduzione di “apostoli” e “discepoli” e i cristiani non avevano alcun intento blasfemo».

ACCUSA DI BLASFEMIA. Anche questa volta, hanno raccontato alcune fonti locali, l’attacco degli estremisti islamici ha messo in serio pericolo le vite dei cristiani. Solo l’intervento della polizia, infatti, ha evitato che l’ira dei facinorosi tracimasse. Dopo aver accusato i tredici, infatti, alcuni musulmani stavano già progettando di bruciare le case e la chiesa dei cristiani. Alcune famiglie cristiane sono fuggite per motivi di sicurezza.
Non è la prima volta che accade. L’accusa di blasfemia in Pakistan è spesso usata per “regolare” conti che con le offese all’islam non hanno nulla a che fare. E i cristiani – come il caso simbolo della cattolica Asia Bibi – sono le prime vittime di questa assurda situazione, stretti tra estremisti che li vogliono punire e uno Stato che non li sa proteggere.

Foto Ansa

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2 commenti

  1. Sebastiano

    Che stupore! Il Pakistan agisce nella perfetta continuità storica degli ultimi 1400 anni.
    E per di più ha la boma atomica.
    Sicché mentre era facile per il trio di comici Obama-Cameron-Sarkozy sganciare bombette su Gheddafi, fuggendo poi a gambe levate quando si è trattato di pulire i casini che avevano combinato (come i ragazzini che lanciano i sassi su una finestra), con il regime di Islamabad (persecutore assai più acerrimo del dittatorello del golfo della Sirte) ci vanno assai più cauti. E poi, oltretutto, ci potrebbero sempre fare begli affari, non si sa mai…

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