PALLOSI

Di Caterina Giojelli
03 Giugno 2004
Italia grande e piccina gioca a pallone

Italia grande e piccina gioca a pallone, Italia senior e Italia junior appiccicano alla Tv, polipi e ventose. Mogli e fidanzate timidamente approcciano il maschio sottoponendogli questioni esistenziali: e il mese di luglio? E quello di agosto? Dove parcheggiamo la mamma? Ma lui non ci sente, il maschio è incollato alla Tv, gli occhi rubicondi sul Gheddafi-Gentile, il ricatto morale a fil di labbra: un po’ di patriottismo, c’è la guerra, sono per la pace dei palloni. Nulla da obbiettare al connubio tricolore/arcobaleno, vado a preparare vera pasta italiana comprata al mercato equosolidale. Parte col Porto la stagione dell’autismo maschile; morta la Champions, gli schermi dello stivale si assomigliano tutti tra le scarpette chiodate dell’under 21. E mentre i tamburi di Bochum riempiono le case dei superfavoriti alle europee di stupore vittorioso tutto bielorusso, il maschio italiano persevera nella fiducia alle reti (televisive), perché i puffetti stanno agli azzurri senior quanto lo streching sta al partitone: stiamo solo ripassando l’atteggiamento bipartsan che ci porterà a digerire Vieri-Cassano-Gattuso a spasso per il Portogallo, maglie canaglie unite nella nazionale, pizza-birra-divano per un mese e appuntamento con un Nirvana pallosissimo. Palloso, derivato di palla e pallone, ovvero l’oggetto di tanta evanescenza. Palloso, lo urla il popolo femmineo che per 9 mesi ha pazientemente tollerato vita, morte e miracoli del campionato e connesse irresistibili donne del calcio (Ventura, Fontana, Canalis incubi notturni). Palloso, e questo è un’opinione che discute i sensi di reponsabilità vedendo il maschio che hai scelto appolipato alla Tv: come diceva il buon Clint Eastwood, «le opinioni sono come le palle: ognuno ha le sue».

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