
In pansindacalismo cofferatiano
In alcuni ambienti del centrodestra, ma anche nell’immaginario collettivo di alcuni “compagni”, il possibile ingresso di Cofferati nell’agone politica è visto e fantasticato come il preludio dell’avanzata bolscevica. L’immagine del cinese a cavalcioni del puledro rivoluzionario, è però solamente l’icona romanticata e fiabesca di un’utopia negata dalla storia stessa dell’ex sindacalista. Gli applausi che ogni giorno i cofferatiani rivolgono ai movimenti, odorano d’opportunismo ed ipocrisia. Tutti i rapporti che coltivano con i movimenti di massa sono tesi a ricomporre un’ipotesi di governo in collaborazione con la grande borghesia e il suo centro liberale. è necessario chiarire dunque questo antipatico equivoco: la mossa di Cofferati è antimarxista, la “terza sinistra” è un impasto tra pansidacalismo cigiellino, neugiustizialismo girotondista ed eticismo radicale. La prospettiva politica che sta per essere messa in campo è in rotta di collisione con qualsiasi ipotesi di trasformazione sociale ed economica. Basterebbe ricordare l’atteggiamento della Cgil durante il quinquennio ulivista, per introdurre qualche ragionevole elemento di diffidenza. La pace sociale, imposta e subita dai lavoratori che si videro introdurre i nuovi meccanismi di flessibilizzazione (Treu 1997), ne fu l’emblema più esplicativo. L’obiettivo, già dichiarato dalle colonne del Corriere della Sera quest’estate, è la rinascita dell’Ulivo. L’operazione che il Cinese tende a portare a compimento, è l’incontro strategico con quella nomenclatura Prodiana che oggi rappresenta l’espressione più diretta, in Italia, della grande impresa nei suoi interessi nazionali. Per perseguire quest’obiettivo, lo stesso non si fa scrupolo di dividere il movimento, scegliendo solo gli interlocutori che gli sono più vicini. Anche l’abusato slogan “Un altro mondo è possibile” viene riscritto per l’occasione e si trasforma nel più prudente “Un altro Ulivo è possibile”. Occhio compagni che non sia transgenico!
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