Parole perse / Colpa. Il problema di essere buoni se non c’è nessuno che ci perdoni

Da quando la colpa è divenuta un “affare interno”, tra me e me, dominano l’ansia, l’autosorveglianza, l’autostima come preoccupazione di ogni azione, la terapia al posto della comunità perduta

Gli antichi greci erano molto sensibili (quasi assillati) dalle “colpe”: avevano creato un mito per ciascuna di esse e le avevano attribuite alle diverse divinità. Anche noi moderni abbiamo questa mania, ma è un po’ diversa. Il mondo arcaico era dominato dalla paura del giudizio degli dei e della riprovazione della società, cioè sentiva la necessità di definire un legame tra la dimensione “interna” e quella “esterna” della colpa. Questo nesso (o la sua stessa urgenza) è saltato: sono diventati mondi non comunicanti.

Noi moderni siamo soliti rivendicare il percorso esterno ogniqualvolta succede un disastro o una tragedia (dal treno che deraglia all’inondazione): dobbiamo trovare, appunto, il “colpevole” per ristabilire la tranquillità (i romani lo chiamavano capro espiatorio, un ovino disgraziato, a caso, che si caricava involontariamente delle colpe altrui). Se siamo inquieti è perché sicuramente qualcun (altro) ha sbagliato: punita la co...

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