
Pedrotti smonta per Tempi le tesi di Firenze
Il professor Dino Pedrotti è la “pecora nera” della neonatologia italiana da quando osò denunciare l’esosità dei prezzi del latte. Chiaro che all’Istituto degli Innocenti avrebbe dato fastidio. Ma è grazie a lui se il Trentino vanta il tasso più basso di mortalità neonatale e infantile del mondo, lo stesso della Svezia e del Giappone (3 per mille). Il professore commenta a Tempi il documento di Firenze: «Si dice che il neonato tra le 22 e le 25 settimane ha una vitalità incerta per cui le cure sono cure straordinarie. Che sotto le 22 settimane non esiste possibilità di sopravvivenza e sopra le 25 sì. Che a 22 dobbiamo sostanzialmente attuare una comfort care. E che a 23 “non esistono evidenze scientifiche per raccomandare l’inizio delle cure intensive neonatali”». Però le prime tre bimbe di 23 settimane rianimate da Pedrotti nel 1997 sono vive e vitali. «In ottobre si è ribadito in un importante convegno a Padova che il limite non deve essere netto e le cure individualizzate». Le linee guida di Padova anticipano alle 23 settimane quanto previsto a Firenze per le 24 (“In presenza di segni vitali immediata intubazione e supporto respiratorio; se migliora in pochi minuti continua la rianimazione; se non migliora, sospensione e comfort care”). L’indagine “completa e globale” su cui si fonda il documento di Firenze è l’Epicure Study, svolto in Gran Bretagna nel 1995, «uno studio di 10 anni fa, che evidenzia un’elevata prevalenza di disabilità e di morte fra i prematuri, unendo però tutti i nati tra le 22 e le 25 settimane! A fare poi gli esterofili, i dati più bassi sulla mortalità infantile nel mondo (perlopiù prematuri) sono quelli del Giappone, dove si presta assistenza neonatale a 22 settimane. L’Olanda, che non lo fa sotto le 25, ha una mortalità infantile alta, più del 5 per mille nel primo anno di vita e i portatori di handicap non sono inferiori a quelli in Italia. Visto che i prematuri che muoiono non cambiano il tasso di mortalità perché figurano come “aborti”, è logico ipotizzare che questo tasso sia collegato alla non rianimazione di prematuri che poi sopravviveranno lo stesso, sviluppando handicap».
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