
Pensieri sepolclari di fine estate
Questa settimana, se permettete, dedico questo mio scritto a scoppio ritardato a coloro che mi sono attorno e mi vogliono bene perché lo rileggano quando sarà arrivato il momento supremo del mio distacco da questa terra, momento che mi auguro lontano ancora cent’anni. Incalzato dal succedersi inquietante di dipartite di tante illustri persone che ebbi la ventura di stimare e frequentare da vivi e che continuerò ad onorare nella memoria, vorrei che fosse chiaro fin d’ora che, fatto salvo per coloro che resteranno il diritto di fare delle mie spoglie mortali quello che più gli aggrada, o meglio quello che farà loro meno male (non sopporto quelli che dicono “Voglio essere cremato”, piuttosto che “Voglio essere sepolto sotto terra, anzi no, in piccionaia, anzi gettate le mie ceneri in mare o sparpagliatele al vento dalla punta del Cervino”: si fa presto a mettere in imbarazzo i parenti…), spero che essi vorranno tener comunque presente che preferirei una cerimonia tranquilla di pochissimi cari, con contorno esterno di tutti coloro che con me gioiosamente peccarono con o senza pentimento salvifico, evitando codazzi o folle di curiosi. Una cerimonia breve e, soprattutto, silenziosa. Non capisco perché l’umanità sia stata sepolta per millenni nel silenzio rotto solo dai pianti sinceri senza che nessuno abbia mai avuto da ridire, mentre oggi sembra che senza uno straccio di applauso, sia pure di cortesia, la cerimonia non si possa dire riuscita… Che volete che vi dica, a me l’applauso davanti a una bara sembra sempre esprimere sollievo per l’opportuna dipartita del “de cuius”! O meglio, mi ricorda quelle folle cinesi che nella notte battono ritmicamente su padelle e latte varie per spaventare i pipistrelli ed impedire che si posino finché, stremati, non crollino al suolo per venire spiaccicati a colpi di scopa: l’applauso al morto mi sembra svolgere la stessa funzione catartica e liberatoria di scongiuro ai superstiziosi… Prego dunque i destinatari di questa mia lettera di ritagliare la stessa e conservarla a portata di mano. Per quel che ne sappiamo, potrebbe venir buona da un momento all’altro. Sapete, come diceva Totò, oggi a te, domani a un altro…
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