PENSIONI, IL VERO TABù ITALIANO

Di Giorgio Vittadini
02 Dicembre 2004
Mentre il dibattito politico si concentra su temi quali la finanziaria e il taglio delle tasse, non è superfluo ricordare che nessun governo ha mai affrontato del tutto il vero problema della spesa pubblica italiana: la spesa per le pensioni.

Mentre il dibattito politico si concentra su temi quali la finanziaria e il taglio delle tasse, non è superfluo ricordare che nessun governo ha mai affrontato del tutto il vero problema della spesa pubblica italiana: la spesa per le pensioni. Una riforma, peraltro molto osteggiata, è stata fatta, ma anche molti degli oppositori, nel segreto delle loro coscienze, sanno che occorrerebbe fare molto di più. Ce lo ripetono anche il Fondo monetario internazionale e l’Unione europea. La spesa per le pensioni e, in generale, per l’invecchiamento della popolazione costituisce la voce principale all’interno della spesa per la protezione sociale in Europa. In Italia il 63% della spesa sociale è destinata alle pensioni contro una media europea del 43%. Le componenti della spesa sociale sono tra loro strettamente correlate e quindi, l’incremento e la concentrazione delle risorse su una componente non può avvenire se non a discapito delle altre. Fenomeni quali l’invecchiamento della popolazione, il cambiamento della struttura familiare, l’innovazione tecnologica, le trasformazioni industriali e la globalizzazione, impongono un ripensamento del ruolo della spesa pensionistica all’interno della spesa per la protezione sociale. Infatti questi fenomeni imprimono nuove tensioni sulla spesa e impongono nuove esigenze che non possono essere ignorate. Negli ultimi anni tali mutamenti socio-economici hanno esasperato questa situazione: l’esigenza di rispettare vincoli di spesa (patto di stabilità), l’esigenza di mantenere competitivo il sistema economico a causa dell’internazionalizzazione (investimenti in capitale umano e costo del lavoro), le rivoluzioni tecnologiche avvenute nel sistema economico con le inevitabili ripercussioni occupazionali sui lavoratori anziani (mancanza di competenze necessarie ai nuovi processi produttivi) hanno costretto a riconsiderare il ruolo della spesa per le pensioni e le sue implicazioni sulle decisioni d’investimento dello Stato e della società. Per far fronte a queste nuove esigenze servono infatti da subito ingenti risorse finanziarie. L’invecchiamento della popolazione determinerà un incremento della spesa pensionistica insostenibile per le finanze e per la competitività dell’Italia; anche le esigenze di flessibilità e di contenimento del costo del lavoro impongono radicali mutamenti dei sistemi pensionistici. L’evoluzione della spesa è quindi tanto più insostenibile se si considera la necessità di aumentare le risorse per altre voci della protezione sociale. Perché nessuno ne parla e si preferisce scioperare per altro? È l’esempio dell’ipocrisia di chi difende lo statalismo e l’assistenzialismo. Se si tagliano le pensioni e la spesa pubblica si taglia anche la rendita che finanzia i quadri delle organizzazioni private che vivono di fondi pubblici. Alla faccia della difesa del popolo.

*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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