Perché l’estremismo nelle moschee

Di Gianni Baget Bozzo
04 Dicembre 2003
Il Corriere della Sera, grazie all’intelligenza ed al coraggio di Magdi Allam, si è trasformato in un bollettino delle prediche nelle moschee.

Il Corriere della Sera, grazie all’intelligenza ed al coraggio di Magdi Allam, si è trasformato in un bollettino delle prediche nelle moschee. E ne è emerso quello che si sarebbe dovuto da sempre sapere: che le moschee sono i luoghi in cui si predica la guerra santa. I testi riferiti dal Corriere sono impressionanti, come lo sono le decifrazioni delle comunicazioni tra i candidati italiani al ruolo di mujaheddin, di combattente disposto anche al terrorismo suicida.
Si sapeva da sempre che gli Stati musulmani controllano le prediche del venerdì. Invece la moltiplicazione delle moschee in Italia è la moltiplicazione dei centri di raccolta e di finanziamento della rete terrorista in Italia e nel Mediterraneo. Il ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu, ha già fatto atti significativi a partire dall’espulsione dell’imam di Carmagnola. Anche il ministro, molto ben disposto all’inizio sulla distinzione tra islam politico e islam religioso, tra estremisti e moderati, si è reso conto che estremisti e moderati abitano una vasta zona grigia in cui è difficile trovare un criterio per distinguere gli uni dagli altri.
Se la distinzione tra religioso e politico funzionasse nell’islam, le moschee dovrebbero essere il luogo dei moderati. Invece, data la particolare natura dell’islam, in cui il religioso è totale, è proprio la moschea il luogo in cui la volontà di coerenza con l’islam spinge più facilmente verso posizioni di condanna dell’Occidente come luogo del tafkir, il luogo della miscredenza. L’identità islamica è un’identità totale, essa non conosce la distinzione cristiana tra Chiesa e Stato.
Una millenaria attività giurisprudenziale ha reso possibile la convivenza dell’islam con un ordine politico diverso dall’unico legittimo, quello del Califfo. L’islam, nella sua giurisprudenza, ha accettato gli Stati dei paesi islamici come potere di fatto. Ma ora anche questo viene meno: lo si è visto a Casablanca in Marocco, lo si è visto negli sgozzamenti algerini.
Secondo il ministro Pisanu, vi sono segni secondo cui la rete fondamentalista italiana non si limiterebbe all’autofinanziamento, anche mediante il traffico di droga, e alla preparazione di combattenti per la Palestina e per l’Irak, ma si disporrebbe ad agire sul territorio italiano. La guerra del fondamentalismo islamico non conosce distinzioni tra militari e civili, come si vede in Israele. Speriamo che ciò non accada e che il controllo dello Stato garantisca la vita e la sicurezza dei cittadini. Ma è ben chiaro che l’islam non è mai stato una religione di pace.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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