
Perchè non rivedremo più il cinque per mille
C’è una ragione di fondo per la quale non è stato casuale che l’Unione espungesse dalla Finanziaria il cinque per mille, e per la quale bisognerà vigilare fino alla fine perché vi venga reintrodotto, come il governo ha promesso. In realtà, il cinque per mille è l’esatto opposto della filosofia di crescita e perequazione perseguita da “questo” centrosinistra, il meno riformista che sia sinora toccato alla storia d’Italia. La filosofia generale di crescita sociale proposta dal governo Prodi con la Finanziaria guarda in generale al trapassato remoto, a ciò che i paesi europei continentali a modello socialdemocratico facevano sino a 25 o 30 anni fa. È un modello che un paese come il nostro, con un sistema produttivo caratterizzato dalla più alta percentuale di piccole imprese e lavoro autonomo e dalla necessità di potenziare la domanda interna, dovrebbe considerare ormai come vecchia anticaglia. La crescita maggiore e più socialmente corretta, in un modello come il nostro e alla luce di ciò che da vent’anni si vede sui mercati internazionali, si realizza accrescendo gli incentivi fiscali e contributivi all’offerta e alla domanda aggiuntiva di lavoro, da una parte. Dall’altra, alla luce dell’esigenza di ridurre l’intermediazione pubblica del reddito, attraverso un’offerta crescente di spazio – di nuovo con incentivi fiscali – a quelle componenti del terzo settore che sono in grado di soddisfare (in forma privata, pur se fortemente regolamentata e vigilata dallo Stato) domande sociali altrimenti irrisolte. Dalla scuola all’università, dalla sanità all’assistenza agli anziani, dal sostegno ai ceti deboli alle forme di integrazione dei giovani e degli immigrati, per ridurre esclusione e marginalità, lo spazio per il privato sociale e il no profit dovrebbe essere incentivato e concepito come sempre più vasto.
Si comprende bene allora la gravità dell’errore invece compiuto. Il governo Prodi realizza una manovra composta per due terzi da prelievi aggiuntivi volti a finanziare una batteria di inediti strumenti pubblici di intervento, convinto che il prelievo aggiuntivo non avrà effetti troppo negativi sulla domanda interna e persuaso altresì che solo così – con più Stato – si potrà dare risposta ai bisogni perequativi irrisolti della società italiana. Su questa strada, il governo ha registrato la protesta di un popolo composto non solo dagli autonomi e da chi è colpito dagli studi di settore, ma anche, per buona metà, dallo stesso elettorato del centrosinistra. Nella guerra dichiarata con toni quasi terroristici a coloro che vengono bollati a tavolino come evasori fiscali, l’Unione ha dimenticato che nella fascia centrale del paese – che vota prevalentemente a sinistra – lo stesso Istat stima che ci siano due milioni e 600 mila lavoratori dipendenti a reddito basso, bassissimo, o al più medio, costretti a un secondo e terzo lavoro fiscalmente non dichiarato. In più, tutti i nuovi strumenti d’intervento pubblico, dai fondi per i giovani a quelli per gli anziani, da quelli per la cultura a quelli per i disabili, domani genereranno inevitabilmente un ulteriore accrescimento della spesa pubblica. Senza dare risposta ad altri all’infuori di chi diventerà impiegato dello Stato. Lo capite, allora, che il cinque per mille è una società esattamente all’opposto di quella tutto-Stato e tutto-tasse perseguita da Berti-Prodi?
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