Perché dei 900 morti di Haiti ci importa poco o nulla?

Di Rodolfo Casadei
16 Ottobre 2016
Solo l’instaurarsi di una familiarità autentica cambia il nostro modo di comprometterci e di sentire la realtà
epa05581341 Haitians affected by Hurricane Matthew rebuild their houses in Jeremie, Haiti, 11 October 2016. The category 4 storm hit the country leaving more than 900 people dead. According to the UN, following the hurricane the cholera disease has spread in the population, mostly in need of potable water, food and shelter to prevent further infectious diseases. EPA/Orlando BarrÌa

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Venticinque anni fa, in occasione del tifone che causò 138 mila morti in Bangladesh, un umorista italiano pubblicò su un quotidiano nazionale una vignetta spietata: «Poverini quelli del Bangladesh: per un trafiletto in prima pagina devono morire almeno in 100 mila!». Un quarto di secolo dopo, l’amara verità contenuta in quella vignetta non è svanita: notiziari televisivi e pagine dei grandi quotidiani hanno dato più spazio ai 19 morti e alle distruzioni che l’uragano Matthew ha causato negli Stati Uniti, che non ai 900 e passa registrati ad Haiti. Non è solo questione di difficoltà logistiche per mandare le troupe televisive lì anziché là. Il fatto è semplicemente che l’affinità culturale e i legami politici (di dipendenza, per essere precisi) fanno sì che il pubblico italiano si senta più colpito dai 19 morti statunitensi che dai 900 haitiani.

La retorica dell’uguaglianza e della fraternità universale non può nulla contro un dato di fatto: ci sono drammi che sentiamo più vicini di altri perché colpiscono chi è più simile a noi o chi esercita su di noi un potere (politico-economico o di altra natura). Un richiamo moralistico a mostrarci più sensibili alla sofferenza dell’“altro”, cioè di chi ha la pelle di un colore diverso dal nostro e gerarchie di valori diverse dalle nostre, non serve a nulla. Solo l’instaurarsi di rapporti reali, di una familiarità autentica cambia il nostro modo di sentire e di comprometterci con la realtà. Le famiglie italiane che hanno bambini haitiani in affido a distanza stanno vivendo la tragedia di Haiti in un modo diverso dagli altri italiani. Solo legami reali scansano le ipocrisie dell’uguaglianza virtuale.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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3 commenti

  1. soldo

    “…Notiziari televisivi e pagine dei grandi quotidiani hanno dato più spazio ai 19 morti e alle distruzioni che l’uragano Matthew ha causato negli Stati Uniti, che non ai 900 e passa registrati ad Haiti….”

    Il problema sono proprio i giornali e i telegiornali, i loro direttori, i loro finanziatori e i loro controllori;

    sarebbe bello capire a chi è in mano il mondo dell’informazione e quale “immagine” del mondo vuole far passare.

    1. Menelik

      Devi fare uno sforzo mentale per capirlo?
      Un piccolo aiutino, solo un nome tra pochi:
      Gorge Soros.
      Renzi è andato a trovarlo la scorsa primavera, in una visita ufficiale in USA.
      Lo stesso Soros è stato bandito dalla Russia, lui e la sua famiglia – visti negati o foglio di via, non ricordo -.
      (E Putin, comportandosi così, ha dimostrato al mondo che non è un cagnolino scodinzolante a cui mettere il collare, come…….ci siamo capiti).

    2. Mamifacciailpiacere

      …. ma non era il Berlusca?… gira che ti rigira a forza di parlare di democrazia e Quarto Potere gli usa-gb hanno capito benissimo che della democrazia e’ molto più divertente (leggi redditizio) farne a meno. Divide et impera: tanto per gli italiani quello che conta di più sono sempre le lasagne…

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