L'uccisione del capo di Hamas non porrà fine alla guerra. Netanyahu non si fermerà finché non avrà messo completamente al sicuro il Paese. L'obiettivo è un nuovo ordine mediorientale
Yahya Sinwar, ex capo di Hamas (foto Ansa)
Come si è diffusa la notizia della morte di Yahya Sinwar – il capo di Hamas, 62 anni, ventidue dei quali trascorsi in un carcere israeliano per terrorismo, l’uomo che ha ideato e comandato la mattanza del 7 ottobre di un anno fa – le dichiarazioni della leadership israeliana sono subito apparse caute, pur ammantate da orgoglio militare e patriottico. Non poteva che essere così, perché tutti sanno – nonostante la gente si sia radunata nelle piazze di Tel Aviv sventolando le bandiere con la stella di Davide e cantando l’inno di Israele – che si tratta di una vittoria apparente, non definitiva.
L'uccisione di Sinwar è una rivincita strategica e psicologica
Il colpo è stato assestato proprio nel mezzo della settimana di Sukkot, la Festa delle capanne, che celebra l’uscita del popolo di Israele dall’Egitto e la traversata del deserto verso Eretz Israel, la terra promessa. Come il massacro del 7 ottobre era avvenuto proprio l’ultimo giorno della festa, mentre nei kibbutz c’erano ancora le ca...