Wall Street preferisce "il diavolo che conosce" a quello che non conosce. Per questo, spiega il FT, guarda come meno sospetto la radicale progressista piuttosto che il populista Vance
La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris (Ansa)
I media sono stati tempestivi nel comunicare che il passaggio di testimone di candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti fra Joe Biden e Kamala Harris ha prodotto un picco di donazioni alla campagna presidenziale democratica, ma molto circospetti nell’offrire indizi per capire da quali fonti le donazioni arrivassero.
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Un articolo sul Financial Times del 25 luglio ha la sfacciataggine di fare la spia sull’origine dell’improvvisa pioggia di dollari su Kamala Harris: la grande finanza specializzata in fusioni e acquisizioni, che non aveva fin qui amato le politiche antitrust della presidenza Biden nei suoi riguardi, la preferirebbe al ticket Trump-Vance. La neo-candidata democratica rappresenterebbe il male minore di fronte al “populismo Maga” incarnato soprattutto da James David Vance, nel mondo finanziario considerato l’equivalente repubblicano di quello che Bernie Sanders è nel camp...