
Perché la Svizzera non vuole farsi “pigliare” dall’Europa

Venerdì 23 aprile il presidente della Confederazione elvetica Guy Parmelin è stato a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Al centro dei colloqui la trattativa su un accordo quadro tra Svizzera e Unione Europea in merito a diverse questioni. La trattativa non è andata a buon fine, anche se il dialogo non è andato interrotto definitivamente. Qui di seguito pubblichiamo un intervento di Sergio Morisoli, capogruppo Udc in Gran Consiglio.
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Prima di firmare contratti quadro o altro, ci sono dei punti fondamentali che per il mantenimento del benessere e della prosperità acquisita in Svizzera, non possono essere dimenticati.
Siamo diversi, inutile far finta, forse incompatibili.
Cosa abbiamo in Svizzera
Noi abbiamo: una costruzione istituzionale naturale cresciuta dal basso sull’arco di numerosi secoli; una costruzione chiara e terminata; un funzionamento interno preciso e perfezionato nel tempo; una Costituzione secolare e sussidiaria con 26 Costituzioni Cantonali sovrane e solidali; il federalismo; il potere decentrale e il potere in mano al popolo; valorizziamo le diversità e le minoranze; una perequazione finanziaria neutra efficiente e efficace; la politica monetaria e fiscale unite; forze democratiche dinamiche ma centripete.
Cosa hanno in Unione Europea
Loro hanno: una costruzione istituzionale artificiale imposta dall’alto da solo pochi decenni; una costruzione sommaria e in corso; un funzionamento interno asincrono e ridondante; una Costituzione inesistente e fallita nel tentativo di crearla; numerose Costituzioni nazionali diverse e in contraddizione tra di loro; il verticismo politico; il potere centralizzato e il potere in mano alla burocrazia e alle élites; valorizzano l’uniformità e assolutizzano la regola della maggioranza; una perequazione finanziaria selettiva e clientelare; la politica monetaria e fiscale disunite; forze antidemocratiche e centrifughe.
Differenze tra noi e loro
Non sono differenze da poco.
Se a questo aggiungiamo che: noi abbiamo una identità cosciente mentre loro un’identità smarrita; noi una cultura realista loro relativista; noi una democrazia robusta e diretta, loro una democrazia in affanno e asimmetrica; noi uno statalismo contenuto loro uno statalismo inarrestabile; noi un capitalismo pragmatico loro un capitalismo rinnegato.
Noi abbiamo un ceto medio responsabile, decisore e proattivo; loro hanno distrutto il ceto medio che ha risposto e sta rispondendo attraverso sovranismo, populismo e protezionismo.
Il sovranismo
Tre prodotti “rifugio” legittimi quando tutto il resto salta; secoli addietro per ottenere la libertà li abbiamo usati anche noi, e funzionano.
Sovranismo. È la risposta alla politica anonima, astratta che cancella le identità. I confini geografici non ce li siamo dati noi, ma quelli politici sì.
Non sono lì per caso, sono la risultante di processi storici, di interessi e di tradizione che ci permettono di dividere ciò che è nostro da ciò che è loro.
Finché ci saranno i confini abbiamo la libertà, il diritto e il dovere di difendere e di decidere su cosa sta al di qua.
Si chiama principio di proprietà in senso lato. Non possiamo voler determinare il nostro destino noi stessi, e non avere le condizioni pratiche e materiali per farlo.
Il populismo
Populismo. È la risposta alla politica fattasi elevare a “salvezza”, incapace poi di mantenere le promesse.
Se abbiamo nel tempo scartato le opzioni monarchiche, aristocratiche, anarchiche e totalitarie per scegliere la democrazia, non possiamo non dirci populisti.
Chi non lo è, in buona o mala fede, per fare in modo di avere più voti e avere la maggioranza e ottenere più potere in democrazia? Si chiama principio di rappresentanza e di legittimità. Non possiamo dare il primato politico al popolo e impedire il suo carattere populista.
Il protezionismo
Protezionismo. È la risposta alla politica del sempre “Prima gli altri”.
Se non si ha nulla da proteggere non serve essere protezionisti; i nullatenenti non sono protezionisti. Se invece abbiamo qualcosa a cui teniamo, a cui diamo importanza non lo lasciamo alla mercé degli avvenimenti o incustodito.
Se gli altri esercitano il protezionismo come si può rimanere immobili con le porte aperte? Si chiama principio di reciprocità. Non possiamo preservare, valorizzare e promuovere qualcosa senza proteggerlo e subire l’esproprio a senso unico.
Una spina nel fianco dell’Europa
Da queste condizioni nasce un braccio di ferro politico inutile e poco costruttivo tra Svizzera e Europa.
La Svizzera è quello che è e rimarrà tale perché non è un progetto creato dall’alto ma una formazione che si è creata e evoluta lungo sette secoli di storia; l’Europa intesa come entità politica vede il nostro Pese come un elemento, un ostacolo, di disturbo per il suo piano di omologazione, di conformismo e di egualitarismo continentale.
In altre parole, si potrebbe anche dire che siamo “una spina nel fianco” per chi vede nel centralismo burocratico e nell’oligopolio politico europeo le due vie parallele, uniche e insindacabili da percorrere in fretta per fare in modo che l’Europa si metta a contrastare America, Cina e Russia.
Tenere insieme poli contrastanti
Ma tant’è. La Svizzera lo sappiamo riesce a creare prosperità collettiva e benessere individuale, ad avere pochi debiti e finanze sane da molto tempo, essenzialmente perché è un Paese liberalconservatore. Il che significa essere liberali in economia, aperti al mondo, e conservatori nei valori e nelle regole del gioco della democrazia elvetica.
Anche questo profilo filosofico-politico non ce lo siamo dati dopo lunghi processi di studio e di valutazione di massimi sistemi; no, più semplicemente si è creato spontaneamente dal basso e in lunghi tempi di decantazione.
Siamo riusciti a tenere assieme, finora in modo virtuoso, due poli contrastanti: quello della legge naturale e quello della legge positiva.
Il primo è quello della sequela di persona, popolo e patria (i settecento anni di tradizione, identità e cultura elvetica); il secondo è quello che è costruito sui concetti di individuo, cittadini e stato (i principi dell’illuminismo).
Meglio non pigliarci
Sono proprio questi due poli dell’organizzazione sociale, quello naturale e quello legale, che in molti Stati dell’Europa ci sembrano andare sempre di più verso la loro collisione producendo: populismo, sovranismo e protezionismo.
Tutto questo per dire una semplice cosa.
Il detto popolare ci insegna che: “chi si assomiglia si piglia”; in questo momento meglio non pigliarci.
Da noi è ancora in funzione la democrazia liberale: cioè decidere a chi dare il potere (democrazia) e decidere quanto potere concedergli (liberalismo), punti cardini che l’Ue fatica a dimostrare visto quanto sopra.
Foto Ansa
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