Perché la Svizzera non vuole farsi “pigliare” dall’Europa

Di Sergio Morisoli
26 Aprile 2021
Noi svizzeri abbiamo una costruzione istituzionale naturale cresciuta dal basso. Loro una costruzione istituzionale artificiale imposta dall’alto
Il presidente della Svizzera Guy Parmelin con il presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen
Il presidente della Svizzera Guy Parmelin con il presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen

Venerdì 23 aprile il presidente della Confederazione elvetica Guy Parmelin è stato a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Al centro dei colloqui la trattativa su un accordo quadro tra Svizzera e Unione Europea in merito a diverse questioni. La trattativa non è andata a buon fine, anche se il dialogo non è andato interrotto definitivamente. Qui di seguito pubblichiamo un intervento di Sergio Morisoli, capogruppo Udc in Gran Consiglio.

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Prima di firmare contratti quadro o altro, ci sono dei punti fondamentali che per il mantenimento del benessere e della prosperità acquisita in Svizzera, non possono essere dimenticati.

Siamo diversi, inutile far finta, forse incompatibili.

Cosa abbiamo in Svizzera

Noi abbiamo: una costruzione istituzionale naturale cresciuta dal basso sull’arco di numerosi secoli; una costruzione chiara e terminata; un funzionamento interno preciso e perfezionato nel tempo; una Costituzione secolare e sussidiaria con 26 Costituzioni Cantonali sovrane e solidali; il federalismo; il potere decentrale e il potere in mano al popolo; valorizziamo le diversità e le minoranze; una perequazione finanziaria neutra efficiente e efficace; la politica monetaria e fiscale unite; forze democratiche dinamiche ma centripete.

Cosa hanno in Unione Europea

Loro hanno: una costruzione istituzionale artificiale imposta dall’alto da solo pochi decenni; una costruzione sommaria e in corso; un funzionamento interno asincrono e ridondante; una Costituzione inesistente e fallita nel tentativo di crearla; numerose Costituzioni nazionali diverse e in contraddizione tra di loro; il verticismo politico; il potere centralizzato e il potere in mano alla burocrazia e alle élites; valorizzano l’uniformità e assolutizzano la regola della maggioranza; una perequazione finanziaria selettiva e clientelare; la politica monetaria e fiscale disunite; forze antidemocratiche e centrifughe.

Differenze tra noi e loro

Non sono differenze da poco.

Se a questo aggiungiamo che: noi abbiamo una identità cosciente mentre loro un’identità smarrita; noi una cultura realista loro relativista; noi una democrazia robusta e diretta, loro una democrazia in affanno e asimmetrica; noi uno statalismo contenuto loro uno statalismo inarrestabile; noi un capitalismo pragmatico loro un capitalismo rinnegato.

Noi abbiamo un ceto medio responsabile, decisore e proattivo; loro hanno distrutto il ceto medio che ha risposto e sta rispondendo attraverso sovranismo, populismo e protezionismo.

Il sovranismo

Tre prodotti “rifugio” legittimi quando tutto il resto salta; secoli addietro per ottenere la libertà li abbiamo usati anche noi, e funzionano.

Sovranismo. È la risposta alla politica anonima, astratta che cancella le identità. I confini geografici non ce li siamo dati noi, ma quelli politici sì.

Non sono lì per caso, sono la risultante di processi storici, di interessi e di tradizione che ci permettono di dividere ciò che è nostro da ciò che è loro.

Finché ci saranno i confini abbiamo la libertà, il diritto e il dovere di difendere e di decidere su cosa sta al di qua.

Si chiama principio di proprietà in senso lato. Non possiamo voler determinare il nostro destino noi stessi, e non avere le condizioni pratiche e materiali per farlo.

Il populismo

Populismo. È la risposta alla politica fattasi elevare a “salvezza, incapace poi di mantenere le promesse.

Se abbiamo nel tempo scartato le opzioni monarchiche, aristocratiche, anarchiche e totalitarie per scegliere la democrazia, non possiamo non dirci populisti.

Chi non lo è, in buona o mala fede, per fare in modo di avere più voti e avere la maggioranza e ottenere più potere in democrazia? Si chiama principio di rappresentanza e di legittimità. Non possiamo dare il primato politico al popolo e impedire il suo carattere populista.

Il protezionismo

Protezionismo. È la risposta alla politica del sempre “Prima gli altri”.

Se non si ha nulla da proteggere non serve essere protezionisti; i nullatenenti non sono protezionisti. Se invece abbiamo qualcosa a cui teniamo, a cui diamo importanza non lo lasciamo alla mercé degli avvenimenti o incustodito.

Se gli altri esercitano il protezionismo come si può rimanere immobili con le porte aperte? Si chiama principio di reciprocità. Non possiamo preservare, valorizzare e promuovere qualcosa senza proteggerlo e subire l’esproprio a senso unico.

Una spina nel fianco dell’Europa

Da queste condizioni nasce un braccio di ferro politico inutile e poco costruttivo tra Svizzera e Europa.

La Svizzera è quello che è e rimarrà tale perché non è un progetto creato dall’alto ma una formazione che si è creata e evoluta lungo sette secoli di storia; l’Europa intesa come entità politica vede il nostro Pese come un elemento, un ostacolo, di disturbo per il suo piano di omologazione, di conformismo e di egualitarismo continentale.

In altre parole, si potrebbe anche dire che siamo “una spina nel fianco” per chi vede nel centralismo burocratico e nell’oligopolio politico europeo le due vie parallele, uniche e insindacabili da percorrere in fretta per fare in modo che l’Europa si metta a contrastare America, Cina e Russia.

Tenere insieme poli contrastanti

Ma tant’è. La Svizzera lo sappiamo riesce a creare prosperità collettiva e benessere individuale, ad avere pochi debiti e finanze sane da molto tempo, essenzialmente perché è un Paese liberalconservatore. Il che significa essere liberali in economia, aperti al mondo, e conservatori nei valori e nelle regole del gioco della democrazia elvetica.

Anche questo profilo filosofico-politico non ce lo siamo dati dopo lunghi processi di studio e di valutazione di massimi sistemi; no, più semplicemente si è creato spontaneamente dal basso e in lunghi tempi di decantazione.

Siamo riusciti a tenere assieme, finora in modo virtuoso, due poli contrastanti: quello della legge naturale e quello della legge positiva.

Il primo è quello della sequela di persona, popolo e patria (i settecento anni di tradizione, identità e cultura elvetica); il secondo è quello che è costruito sui concetti di individuo, cittadini e stato (i principi dell’illuminismo).

Meglio non pigliarci

Sono proprio questi due poli dell’organizzazione sociale, quello naturale e quello legale, che in molti Stati dell’Europa ci sembrano andare sempre di più verso la loro collisione producendo: populismo, sovranismo e protezionismo.

Tutto questo per dire una semplice cosa.

Il detto popolare ci insegna che: “chi si assomiglia si piglia”; in questo momento meglio non pigliarci.

Da noi è ancora in funzione la democrazia liberale: cioè decidere a chi dare il potere (democrazia) e decidere quanto potere concedergli (liberalismo), punti cardini che l’Ue fatica a dimostrare visto quanto sopra.  

Foto Ansa

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