Le autorità saudite hanno festeggiato il fatto che l’ultimo pellegrinaggio alla Mecca ha provocato “solo” 1.300 morti. Un problema di visti, di organizzazione e di «accesso al paradiso»
Pellegrini musulmani alla Mecca per l’Hajj (foto Ansa)
«Sono felice di annunciare che quest’anno l’Hajj è stato un successo. Non c’è stato alcun rischio per la salute pubblica, nonostante il gran numero di pellegrini e le alte temperature». Sarà anche vero, come dice il ministro della Salute dell’Arabia Saudita, Fahad al-Jalajel, che al pellegrinaggio alla Mecca di quest’anno è andato tutto bene per gli 1,8 milioni di partecipanti. Oltre 1.300 persone, però, hanno perso la vita, stroncate dal caldo soffocante che ha toccato i 49 gradi e dallo sforzo fisico, nonostante il Regno avesse predisposto «189 ospedali e cliniche mobili» per i pellegrini.
I corpi di coloro che sono morti compiendo quello che per l’islam è uno dei cinque doveri religiosi sono stati sepolti come di consueto in fosse comuni. Non è infatti la prima volta che l’Hajj viene offuscato da una strage: nel 2015 morirono 2.400 pellegrini, nel 1990 non ne sono tornati indietro 1.426. Ogni anno decine o centinaia di persone perdono la vita nei luoghi più sacri dell’islam, anche s...