Pericolo Al Qaeda in Europa

Di Gianni Baget Bozzo
12 Settembre 2002
Il presidente Bush ha cominciato il conto alla rovescia. Lo ha fatto affrontando le pubbliche relazioni

Il presidente Bush ha cominciato il conto alla rovescia. Lo ha fatto affrontando le pubbliche relazioni: gli alleati europei, gli amici arabi poi i leader del Congresso ed infine l’assemblea delle Nazioni Unite. L’approccio è da lontano, ma l’ipotesi è una sola: la guerra all’Irak. Lo prova il fatto che Tony Blair, che pure ha una forte opposizione nella sinistra, sia nel Labour che nell’elettorato, ha già dichiarato che la relazione speciale con gi Usa chiede buon sangue inglese. E può provare che Saddam Hussein ha armi letali. Saddam potrebbe avere tra breve anche il nucleare ed è per questo che egli preferisce la guerra agli ispettori. Saddam non può perdere “la madre di tutte le battaglie” cedendo semplicemente ad una richiesta dell’Onu, Saddam non è così “onusiano”. Si direbbe che Saddam desideri tanto subire l’attacco quanto Bush. Quale connessione vi è fra Saddam ed Osama (o chi per lui), quali sono le possibilità di Al Qaeda di scatenare iniziative terroristiche in Europa, in congiunzione con l’attacco angloamericano? La polizia internazionale ritiene che le zone più propizie per Al Qaeda siano il Marocco, l’Algeria e la Tunisia. Non sono mancati segni premonitori. Il maggiore è l’attentato suicida a Djerba, l’unico attentato suicida commesso fuori di Israele. Nizae Naway (34 anni) si fece saltare in aria davanti ad una antica sinagoga uccidendo 14 tedeschi, 6 tunisini ed un francese. Gli esperti dicono che i giovani marocchini e tunisini arrestati negli ultimi 12 mesi si sono radicalizzati solo dopo aver vissuto fuori dal paese, principalmente in Europa. Il direttore dell’Europol attribuisce a questo soggiorno la loro radicalizzazione. Ed ha affermato che è sempre più facile per i gruppi terroristi reclutare nuovi candidati. In Francia i giudici che investigano su Al Qaeda hanno identificato una “nuova generazione” di circa 100 persone con legami all’islam radicale e quindi potenziali terroristi. Inoltre la scoperta da parte delle autorità marocchine di un complotto per attaccare imbarcazioni inglesi ed americane sembra indicare che l’attività non è semplicemente legata alla diaspora europea. In caso di attacco di Bush all’Irak, il terrorismo di Al Qaeda colpirà in Europa, dove è facile trasbordare dalle coste del Maghreb ai paesi euromediterranei. Ed inoltre è stata scoperta in Italia una cellula terrorista a Milano ed un possibile attentato all’ambasciata americana a Roma fa pensare che fra gli immigrati ci sia una colonna di Al Qaeda pronta ad entrare in azione. Forse queste notizie serviranno a fare capire che esiste un problema dell’immigrazione in genere ma dell’immigrazione islamica in specie. L’esperienza di un paese europeo spinge i giovani musulmani alla conflittualità per il sentimento di estraneità che la convivenza suscita. Gli attentatori delle Due Torri erano sì frutti di quel laboratorio di radicalismo islamico che è l’Arabia Saudita, ma avevano tutti conosciuto un lungo passaggio in Occidente ed erano stati istruiti in accademie militari americane. Il cardinale Biffi aveva molto più ragione di quanto credesse di avere quando denunciò i pericoli della immigrazione islamica.

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