Perso dietro le orme del grande predatore

Di Bruno D'Amicis
15 Marzo 2017
Un fotografo racconta i mesi passati in solitudine sui monti dell’Abruzzo, sotto la pioggia, al gelo o nell’afa estiva, per «entrare in comunione» con il più misterioso degli animali

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Per anni mi sono perso dietro le orme dei lupi, facendone quasi una pratica Zen. Ho cercato ossessivamente i loro segni di presenza, che nonostante la proverbiale elusività questi animali lasciano un po’ ovunque. Oltre alle orme, impresse nel fango o nella neve, e agli escrementi pieni dei resti indigesti della loro dieta da predatori, ne ho trovati altri quasi invisibili come ciuffi di peli marroncini rimasti attaccati a del filo spinato oppure ovvi come gli ululati, canti di gioia incontenibile, emessi da una famiglia di lupi durante il crepuscolo invernale. Attraverso questi indizi, ho tentato goffamente di immedesimarmi in questi animali e leggere l’ambiente secondo le loro esigenze. In qualche modo è un po’ come se fossi andato a caccia, se cacciare significa voler vivere il momento, entrare in una comunione mutuale ed esclusiva con il paesaggio circostante, sentirselo addosso come un abito che calza a pennello.

Può sembrare ovvio che un essere umano voglia trascorrere parte della propria esistenza in compagnia di un animale tanto eccezionale. Più di ogni altra specie, infatti, il lupo è riuscito a colpire la nostra immaginazione e a influenzare la nostra storia e la nostra cultura. E più di ogni altra specie, esso è stato da noi odiato, perseguitato e calunniato. Nei secoli la nostra fantasia ha generato un numero incredibile di lupi e questi sono tanti quante le opinioni e le credenze degli uomini. Il lupo reale invece è e rimane solamente uno, che forse nessuno conosce davvero a fondo.
Ho avuto la sorte di crescere in un paese dove questo animale vive da sempre. Le radici della mia famiglia paterna affondano in Abruzzo, meravigliosa regione che per molti è anche sinonimo di montagne, pastori, orsi e lupi, appunto. All’ombra dell’Appennino ho sviluppato quindi il mio profondo rapporto pagano con la natura e realizzato il mio sogno da bambino nel diventare biologo. In questo peculiare “scenario mentale” popolato da specie così carismatiche, ho costruito in seguito la mia professione di fotografo e stabilito la mia attuale dimora. Questo percorso mi ha permesso di incrociare spesso lo sguardo magnetico del lupo, ma sempre dove e quando decidesse lui.

A me non bastava. Quegli incontri, per quanto rari o fugaci, erano intrisi di autenticità, cosa che percepivo ormai svanire altrove. Tanti anni fa, infatti, ho scelto di praticare una fotografia naturalistica che fosse esperienza piuttosto che rappresentazione. D’altro canto, l’enorme popolarità di cui essa gode oggi, con l’alluvione di immagini che ne è seguita, ha finito inevitabilmente per strappare la magia a tanti luoghi e tante storie dell’immaginario collettivo. Se ciò è potuto succedere addirittura con l’aurora boreale, ho capito che avrei dovuto cercare altrove quel mistero e quell’imprevedibilità a cui tanto anelo.

tempo-da-lupiPoche indimenticabili occasioni
Perciò mi sono incuriosito e appassionato di questa specie così complessa e carismatica, per quanto elusiva e indecifrabile come un’ombra. Ho tentato di aumentare la frequenza degli incontri, facendo in modo che fosse il lupo a mostrarsi dove e quando decidessi io, ovvero forzandolo. Ma non ha funzionato. Allora ho cambiato strategia. Parlando con chi ne sapesse più di me e leggendo quasi tutto quello che c’è in giro su questa specie, ho tentato di capire. Esplorando decine e decine di chilometri di montagne, valli e foreste, sono entrato piano piano nel suo mondo, di cui il lupo tocca ogni cosa. Sono entrato in confidenza con silenziosi pastori di montagna, che mi hanno sintetizzato laconicamente il loro millenario rapporto di amore-odio per il grande predatore. A loro detta, infatti, il lupo è un po’ «come il temporale»: non puoi far nulla per evitarlo, ma se porti un ombrello almeno non ti bagni. E con questo intendono dire che solo con la prevenzione, con la ripetizione ipnotica di gesti antichissimi e la collaborazione di cocciuti mastini abruzzesi, è possibile battere in astuzia il lupo ed evitare di perdere preziosi capi di bestiame.

Per poter avvicinare un animale così intelligente, riservato e imprevedibile quindi mi sono presto reso conto di avere una sola scelta possibile: trovare più tempo da dedicargli. E le ore offerte a questo progetto si sono rapidamente trasformate in giorni, settimane, mesi. Nel processo, inevitabilmente ho appreso più su me stesso che non sull’oggetto delle mie attenzioni. Ho lavorato in tutte le condizioni atmosferiche e nei vari momenti dell’anno, condividendo con gli animali il freddo dell’ombra invernale e l’afa narcotica di interminabili giornate estive. Ciononostante, rispetto alle centinaia di uscite sul campo, sono riuscito a incontrare i lupi solo in poche, indimenticabili, occasioni. Freddo, vento e pioggia, magari con nebbia o neve: “Tempo da lupi”, suggerirebbe la saggezza popolare, sottolineando come miserabili condizioni atmosferiche siano le più favorevoli per i “branchi” a intraprendere la caccia o, “scendendo dalle montagne”, ad avvicinarsi alle greggi e alle abitazioni, seminando paura e distruzione. Questo è il tempo in cui è meglio starsene a casa, al caldo e al sicuro.

Sudore, batticuore e delusione
Io invece ho scoperto che il tempo da lupi è ben altra cosa. E la differenza sta tutta in quel “da”. Per me il tempo da lupi è quella preziosa porzione di esistenza che uno fatica a ritagliare nella frenetica vita moderna e da dedicare tutta alla ricerca di un’esperienza diretta con la selvaticità. Questo tempo da lupi è quello del sudore sulla schiena sotto il sole di montagna e dei crampi alle gambe durante lunghe marce nella neve profonda. È il tempo delle notti passate all’addiaccio e della sveglia che squilla a orari impossibili; della noia nelle lunghe attese e dell’incontenibile gioia della scoperta. È il tempo della solitudine e delle avventure in compagnia. È il tempo del batticuore e della delusione; dell’hic et nunc, senza l’ingombro del passato né il pensiero rivolto al futuro. Senza il Lupo non esisterebbe più questo tempo, che auguro a tutti di riuscire a trovare. Perché solo in esso io ho percepito il sapore dell’eterna giovinezza.

Foto Ansa

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