Pnrr. Date una possibilità a noi carcerati

Lettera dalla Casa di reclusione di Bollate con proposta di affidamento al lavoro in occasione della riedizione del Codice degli appalti pubblici

Il carcere di Bollate, Milano, 26 maggio 2020 (Ansa)

Pubblichiamo la lettera di Dario Comini, un detenuto definitivo presso la Casa di Reclusione di Bollate, dove è impegnato presso lo Sportello Giuridico del carcere.

LA NOSTRA POSSIBILITÀ IN OCCASIONE DELLA RIEDIZIONE DEL CODICE DEGLI APPALTI PUBBLICI

Caro direttore, è tema di questi mesi per il nostro Governo la dedizione del cosiddetto Codice degli appalti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016) per la necessità di recepire le norme delle tre Direttive dell’Unione Europea (2014/23, 24 e 25), integrandole ed ordinandole possibilmente in un’unica nuova procedura più snella e semplificata rispetto al su citato vigente Decreto.

Peraltro, la ristrutturazione della disciplina degli appalti pubblici, fa parte del complesso crono-programma previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nel quale sono previsti specifici obiettivi da raggiungere, pena la mancata erogazione dei finanziamenti comunitari già deliberati, basilari per la ripresa economico-produttiva del nostro Paese, dopo la crisi aggravata dalla recente pandemia.

Tenuto conto della vastità e della complessità del tema in oggetto ed in relazione alle pesanti implicazioni che le nuove disposizioni avranno sulla gestione dei futuri contratti pubblici, a partire e con particolare riferimento, alle straordinarie sfide connesse alle opere del PNRR, i tempi per la definizione del testo della nuova legge in tema di appalti e di concessioni risultano molto stringenti.

Risulterà probabilmente necessaria l’introduzione, già in queste fasi di definizione e di confronto tra i diversi “attori” chiamati in gioco nella stesura e nell’avvallo della nuova norma, di modalità, procedure e tempistiche completamente innovative e di più affidabile efficacia, rispetto al passato.

Il vero auspicio per tutti gli italiani è che questa necessaria integrazione europea possa essere considerata come un’opportunità di rinnovo per uno dei principali temi di riforma che caratterizzeranno la ripresa economica e sociale del nostro Paese e che possa quindi confermarsi quale efficace strumento di modernizzazione ed efficientamento della attuale disciplina, eliminando le numerose criticità ed i gravi difetti che hanno fortemente condizionato la sua applicazione negli ultimi anni, malgrado le numerose revisioni ed emendamenti intervenuti sulla stessa.

L’efficacia applicativa del nuovo codice sarà quindi una delle principali leve strategiche per vincere la sfida epocale della tanto auspicata rinascita economica, sociale e ambientale del nostro Paese.

Una riflessione su questo tema, consapevolmente fuori dal coro, che proviene da un punto di vista per molti certamente inusuale, nasce pensando ad uno dei principali problemi di una minoranza spesso dimenticata, ovvero la possibilità di trovare idonei posti di lavoro da mettere a disposizione dei detenuti, per i quali il completamento del percorso di recupero trattamentale ne preveda l’opportunità/necessità di un affidamento al lavoro, come peraltro prescritto nel vigente Ordinamento Penitenziario, ma ancor prima sancito nella nostra Costituzione.

È ben chiara a tutti l’estrema difficoltà di trovare una rappresentanza in tali contesti per coloro che da sempre sono tenuti e ritenuti al fuori dai tavoli decisionali, però è davvero storica l’occasione per non tentare di sensibilizzare qualcuno dei commensali, ad introdurre tra i criteri di revisione del dispositivo in esame, qualcosa a favore di una componente sociale certamente sfavorita.

Dovrebbe infatti essere universalmente riconosciuta la possibilità di rimettersi in gioco, soprattutto se attraverso l’assunzione di un impegno lavorativo concreto, che gli metta a disposizione una vera seconda possibilità, soprattutto in favore di chi, abbia dato prova della volontà di un corretto e convinto riscatto.

Tecnicamente si tratterebbe di prevedere, nell’ambito delle maestranze impegnate nelle attività connesse ad un pubblico appalto, l’indicazione vincolante entro opportuni valori, che potrebbero, per esempio, essere valutati in percentuale degli addetti complessivamente coinvolti nelle attività operative connesse all’appalto, di introdurre anche una rappresentanza di ex detenuti. Chiaramente gli stessi dovranno essere stati in precedenza qualificati e formati mediante percorsi e programmi codificati, sia per la conferma del provato recupero dei necessari requisiti etico-morali e sia per il possesso dei requisiti necessari per l’accesso alle misure alternative alla restrizione intramuraria. Tale innovazione prescrittiva fornirebbe un epilogo concreto ai tanti progetti di recupero trattamentale e un nuovo inizio di risocializzazione attiva.

Peraltro sarebbe un’opportunità aggiuntiva a tanti percorsi di affidamento al lavoro, già oggi spesso largamente pianificati da diversi Istituti Penitenziari in accordo alle previsioni dell’art. 21 dell’Ordinamento Penitenziario, ma solo in parte attuati, spesso per l’assenza di sufficienti disponibilità offerte dal mondo del lavoro.

Per agevolare l’individuazione di tali risorse in modo semplificato e non delegato quale ulteriore onere alle Imprese Appaltatrici, vista la delicata, impegnativa e rischiosa verifica dei necessari requisiti effettivamente posseduti dai soggetti così assoldati, si potrebbe individuare ed incaricare una apposita Commissione, coordinata e rappresentata dalle principali aree trattamentali degli Istituti Penitenziari italiani e da delegati degli ulteriori Enti Pubblici di competenza.

Attraverso questa Commissione, si potrebbe costruire una banca dati di soggetti preselezionati, mediante specifici percorsi di messa in prova e di formazione/addestramento sia comportamentale, che professionale, da cui poter attingere, con criteri anche di territorialità, i soggetti più idonei per essere assunti in ogni specifica collaborazione.

Dario Comini

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