Presidenziali Usa, Obama avanti ma Romney tiene

Di Benedetta Frigerio
01 Maggio 2012
Si preannuncia un testa a testa tra il presidente e lo sfidante repubblicano. Il nodo da sciogliere rimane la politica economica, sulla quale entrambi i candidati sembrano non avere le idee chiare.

Nell’ultimo periodo Obama ha rivolto l’attenzione alla politica estera: molti i riferimenti alla morte di Osama Bin Laden e alla fine della guerra in Iraq, e un’estrema tranquillità nel parlare dei rapporti con l’Iran, la cui corsa al nucleare preoccupa non poco i cittadini americani. Ma la grande sfida per il presidente in carica resta l’economia, che in questo momento presenta un tasso di disoccupazione ancora alto e gli altri indicatori economici sono costantemente ai minimi.

 Il candidato repubblicano Mitt Romney, invece, ha puntato molto sui temi etici e sull’immigrazione clandestina, così da convincere la base del partito schierata fino a un mese fa con il suo ex rivale Rick Santorum. E se Obama punta anche a ottenere il voto progressista, mostrandosi sempre più aperto sui temi etici, Romney invece prova a rassicurare l’elettorato moderato tornando sui temi economici. Il mormone, però, non appare abbastanza convincente, perché la sua ricetta anti-Barack, pur forte nelle critiche, non è così chiara nelle proposizioni.

Lo schema che si ripete da mesi, e da cui non si riesce a uscire, contribuisce a mantenere la situazione politico-economica in stallo: quando Obama cerca di incrementare le tasse e di accentrare i poteri federali, il Congresso lo blocca; quando invece il Congresso legifera per abbassare le tasse, il costo dei prestiti e per bilanciare quello dell’inflazione, Obama usa il suo potere di veto per impedire che si apportino correttivi economici liberali. Così, mentre il presidente parla alle star di Hollywood e si allea con gli attori puntando ancora sull’immagine, Romney sottolinea l’impronta statalista del presidente. Risultato: gli elettori sono sempre più spaesati, perché non sono chiare le ricette dei due candidati. Anche il cosiddetto voto religioso, su cui il partito repubblicano conta molto, pare fluttuante. 

Molti cattolici, pur non fidandosi di Obama, non riescono a entusiasmarsi per il mormone. In particolar modo i moderati (insieme agli ispanici e agli afroamericani) che, nonostante disapprovino il progressismo del presidente, non sono intenzionati a cambiare idea.

Non solo: anche se gli evangelici si sono schierati con Romney non sono comunque così motivati e pronti a battersi come avevano fatto durante la campagna di Santorum. Il presidente uscente non appare nemmeno preoccupato di quell’8 per cento dei cattolici che non lo voterà una seconda volta, a causa della sua guerra aperta contro la Chiesa cattolica, allarmata dal mandato governativo che minaccia la libertà religiosa. Questa mossa, infatti, lo ha reso molto popolare tra le nuove elettrici e le donne nubili, bilanciando di fatto le defezioni e riflettendo lo stallo politico sulle percentuali di voto. 

In effetti, se è vero che l’ultimo sondaggio dell’istituto statistico Rasmussen Reports vede Obama indietro di due punti rispetto all’ex governatore del Massachussetts (46 a 48 per cento), la media dei sondaggi più importanti non è mai realmente cambiata dall’inizio dell’anno. Resta costante, con Barack Obama in vantaggio al 47.5 per cento contro il 44.2 di Mitt Romney.

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