
Vescovo e preti arrestati in Nicaragua, la condanna della Cei

Continua in Nicaragua la guerra contro la Chiesa cattolica da parte della dittatura di Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo. Venerdì un nuovo fronte è stato aperto quando, all’alba, gli sgherri sandinisti hanno fanno irruzione nella curia episcopale di Matagalpa, portandosi via a forza il 55enne monsignor Rolando Álvarez e nove suoi collaboratori, tra cui cinque preti e tre seminaristi, rinchiusi al suo interno dal 4 agosto scorso.
La polizia antisommossa della dittatura ha sfondato i cancelli della Curia, violandola come mai aveva osato nelle due settimane precedenti quando, pure, l’aveva circondata vietando a chiunque di uscire. «Urgente! In questo momento la Polizia nazionale è entrata nella Curia episcopale della nostra diocesi di Matagalpa!», denunciava l’account Facebook dell’istituzione religiosa quando in Nicaragua erano le 3 del mattino.
Le accuse del regime ad Álvarez
Al momento dell’irruzione, nel buio della notte, c’è stato un grande scampanio che ha allertato i parrocchiani di quanto stava accadendo, come mostra un video postato sui social media. Secondo i testimoni, la polizia è entrata nella chiesa a forza, danneggiando i mobili, sfondando le porte e manganellando le persone all’interno.
Álvarez, che è il vescovo della diocesi di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, è accusato dal regime di «organizzare gruppi violenti con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato nicaraguense e attaccare le autorità costituzionali» oltre che di «diffondere l’odio». Le stesse accuse usate dalla dittatura di Ortega per espellere, un mese fa, sedici suore Missionarie della Carità dell’ordine di Madre Teresa di Calcutta. Il nunzio apostolico Waldemar Sommertag, invece, era già stato espulso lo scorso marzo.
L’appello a Papa Francesco e le sue parole all’Angelus
Il vescovo ausiliare di Managua, Silvio Báez, costretto a fuggire dal Nicaragua dopo la repressione del 2018 in cui Ortega fece massacrare centinaia di studenti, da Miami ha invitato le autorità a rilasciare Álvarez e a rispettare la sua dignità. «Con l’indignazione e il dolore nel cuore, condanno il rapimento di notte del vescovo Álvarez. Chi ne è a conoscenza, dica dove si trova il mio fratello vescovo! Che i suoi rapitori rispettino la sua dignità e lo liberino! Ancora una volta, la dittatura ha dimostrato il suo spirito malvagio e diabolico», ha scritto su Twitter monsignor Báez.
«Mio Dio, che scandalo! Hanno sequestrato monsignor Álvarez, insieme ai sacerdoti che erano con lui», ha scritto invece padre Edwing Román, un altro prete costretto all’esilio negli Stati Uniti. «Basta con questo silenzio! Chi deve parlare e mostrare il proprio volto parli, questo si chiama “peccato di omissione”» ha aggiunto.
Mercoledì scorso, 26 ex capi di Stato e di governo della Spagna e dell’America Latina avevano lanciato un appello a Papa Francesco affinché prendesse «una posizione ferma in difesa del popolo nicaraguense e della sua libertà religiosa». Tra i firmatari Óscar Arias, José María Aznar, Laura Chinchilla, Alfredo Cristiani, Iván Duque, Vicente Fox, Eduardo Frei, Luis Alberto Lacalle, Mauricio Macri, Carlos Mesa, Andrés Pastrana, Sebastián Piñera, Jorge Tuto Quiroga, Julio María Sanguinetti e Álvaro Uribe.
Nell’Angelus di oggi, Papa Francesco ha infine parlato del Nicaragua: «Seguo da vicino le situazione creatasi in Nicaragua», ha detto il Pontefice, «che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica. Chiediamo al Signore, per l’intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà».
In Nicaragua la persecuzione continua
Adesso c’è grande paura e incertezza su ciò che potrebbe accadere al vescovo, ai sacerdoti, ai seminaristi e ai laici che si trovavano sino a ieri barricati all’interno della curia. Di certo c’è che monsignor Álvarez è stato portato ammanettato a Managua ed è stato messo ai domiciliari nella casa della sua famiglia, guardata a vista dalla Polizia di Ortega. Tutti gli altri sacerdoti e seminaristi, invece, sono stati sbattuti nel carcere capitolino di “El Chipote”, dove le torture degli oppositori politici sono all’ordine del giorno. Nel darne notizia, la Polizia del regime ha detto che il Cardinale Leopoldo Brenes ieri ha fatto visita a Monsignor Álvarez, agli arresti domiciliari. La volontà del regime, già espressa anche al Vaticano, è che il vescovo lasci al più presto il Nicaragua. Il problema è che Álvarez non vuole andarsene.
Non bastasse questo, il regime venerdì ha anche condannato a tre mesi di carcere don Óscar Danilo Benavides Tinoco, un altro prete arrestato domenica scorsa dopo avere celebrato la messa e, dopo due giorni passati desaparecido, rinchiuso anche lui nel “Chipote”. Sempre nelle ultime ore è stato deportato in El Salvador Henry Corvera, un membro del coro rimasto imprigionato in curia per due settimane con monsignor Álvarez. Da aggiungere che, negli ultimi due mesi, il regime sandinista aveva già incarcerato due altri preti, chiuso otto radio cattoliche e tre canali tv, compreso quello della Conferenza episcopale nicaraguense, oltre a vietare all’arcidiocesi di Managua di fare la sua consueta processione annuale con l’immagine pellegrina della Madonna di Fatima.
La lettera della Cei a Gutiérrez
Ieri, infine, il Presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, ha inviato a Monsignor Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, Vescovo di Jinotega e Presidente della Conferenza Episcopale del Nicaragua, la seguente missiva di vicinanza e condanna delle azioni del regime. «Carissimo Fratello – vi si legge – con sgomento e incredulità riceviamo notizie delle dure persecuzioni che il popolo di Dio e i suoi pastori stanno subendo a motivo della fedeltà al Vangelo della giustizia e della pace».
L’arresto di monsignor Álvarez, continua il Cardinal Zuppi dopo aver espresso grande preoccupazione, «insieme ad altre persone, tra cui sacerdoti, seminaristi e laici» è «un atto gravissimo, che non ci lascia insensibili e che ci induce a tenere alta l’attenzione su quanto accade a questi nostri fratelli nella fede. Le circostanze e il contesto di tali arresti destano particolare apprensione non solo perché prendono di mira i cristiani a cui è impedito il legittimo esercizio del proprio credo, ma perché si inseriscono in un momento in cui i più elementari diritti umani appaiono fortemente minacciati».
Infine il presidente della Cei, dopo essersi unito «alle richieste della comunità internazionale, che hanno trovato voce anche nelle recenti dichiarazioni del Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, António Guterres», ha chiesto «ai responsabili politici di garantire la libertà di culto e di opinione non solo agli esponenti della Chiesa Cattolica, ma a tutti cittadini. A te, ai confratelli nell’Episcopato, a tutti i credenti e a tutti i cittadini del caro Nicaragua, assicuriamo la nostra preghiera e la nostra costante attenzione agli eventi che li riguardano in questo momento di particolare sofferenza».
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Questo articolo è stato aggiornato con le parole di Papa Francesco alle ore 13.50
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