PRODI COMPAGNO? DI MERENDE

Di Fabio Cavallari
10 Febbraio 2005
«Cari amici, care amiche, cari compagni, care compagne»

«Cari amici, care amiche, cari compagni, care compagne». Con queste parole Romano Prodi ha aperto il suo discorso al Congresso dei Ds. Stupore? A quanto pare no, vista l’ovazione. Eppure il Professore bolognese “compagno” non lo è mai stato. Ma perché accettare lo svilimento di un termine che è ancora carico di tanti significati? “Compagni”, cum panis, amici con i quali condividere il pane. Non mi hanno stupito le parole di Prodi, non faccio della retorica politica un muro da abbattere, non trovo imbarazzante la sua faccia di gomma, m’importa così poco che sorvolo sul populismo di maniera. Sinceramente, è la vostra accettazione decontestualizzata, la vostra devozione alle parole anche quando sono prive di significato, che mi preoccupa, cari amici diessini. Prodi è stato il maggior protagonista delle privatizzazioni in Italia, il Presidente della Commissione europea che ha dispensato le più pesanti ricette di rigore finanziario e di difesa del patto di stabilità.
Ora, io comprendo le necessità politico-elettoriali, i bilanciamenti nelle coalizioni, e l’ammorbidimento sui programmi. Lasciate stare però i “compagni”, non infierite in questa direzione. Compagni, cum panis.

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