
Prof, lei mi scivola su tutti gli scaloni
Che cosa contraddistingue un governo magari discusso ma che resta solidamente in sella, da un altro che invece scivola sempre più sulla schiena del destriero? I sondaggi d’opinione? Fino a un certo punto, su questo ha ragione Prodi. È piuttosto quando un governo delude in primis i propri elettori e le proprie constituencies elettorali, che inesorabilmente perde vigore la presa delle sue ginocchia ai fianchi del cavallo politico. È ciò che sta avvenendo al governo Prodi. Gli esempi non mancano. Primo: lo scalone previdenziale. Da anni il centrosinistra utilizza la chiave emergenzialista rispetto agli interventi di razionalizzazione e accelerazione della riforma Dini messi a punto dall’allora ministro del Lavoro Maroni. Il risultato è stato intanto quello di aggravare il debito previdenziale implicito, spingendo molte migliaia di italiani ad andare in pensione appena scattavano i requisiti, nel timore che potessero essere ritoccati in maniera imprevedibile. Ora, dopo un anno di governo Prodi, viene al pettine il nodo inverso. Ai circa 140 mila lavoratori interessati dall’innalzamento improvviso, la prossima notte di Capodanno, dell’età pensionabile da 57 a 60 anni, il centrosinistra aveva in effetti promesso che l’innalzamento sarebbe sparito. Su questo, anche se noi la pensiamo in maniera del tutto diversa, hanno perfettamente ragione Cremaschi e la sinistra antagonista. Senonché il governo non riesce a chiudere la partita, perché una semplice abrogazione significherebbe oltre 11 miliardi di euro a regime di deficit previdenziale aggiuntivo: ma qualunque soluzione “graduale” – come quelle meritoriamente indicate dalla Cisl – hanno comunque lo svantaggio di apparire un tradimento dell’impegno elettorale, e costituiscono premessa per un ulteriore incrudimento del rapporto con la sinistra antagonista. Secondo esempio: gli studi di settore. Non è un caso, che ad aver guidato in prima fila la protesta fiscale contro l’iniquità dei “coefficienti di normalità” introdotti da Visco per spremere gettito alle categorie, siano state associazioni tradizionalmente orientate a sinistra, nel mondo di artigiani e commercianti. La recita della “lotta all’evasione” alla fine si è scontrata con la pratica di ritardare oltre ogni soglia dell’accettabilità le stime di extragettito nell’aggiornamento delle scritture contabili di rendiconto e revisionali prescritte dalla contabilità nazionale, e alla fine a tutti è arrivato il messaggio che il governo giocando a carte coperte sulle maggiori imposte conta solo di accumulare risorse da destinare poi, all’ultimo momento, a spesa pubblica aggiuntiva. Peccato che agli elettori si fosse raccontata la tavoletta del risanamento e del rientro del deficit.
Terzo esempio: il Tfr. A parole, il governo ha varato una misura che doveva essere volta al decollo del secondo pilastro integrativo della previdenza pubblica, che a pieno regime contributivo coprirà, se va bene, solo il 40 per cento delle ultime retribuzioni. Bene, fatto è che il 55 per cento dei lavoratori non si è fidato di come il governo ha predisposto la misura, tra “esproprio” comunque a vantaggio del Fondo Inps pubblico, truffa del silenzio-assenso grazie al quale chi non ha espresso opinioni non potrà fare alcun passo indietro, e rischio di vedere il trattamento fiscale sui fondi previdenziali drasticamente aggravato se dovessero passare le misure di “unificazione” del prelievo sulle cosiddette rendite finanziarie, di cui il centrosinistra parla da sempre. Pensate che in quel 55 per cento ci siano solo lavoratori del centrodestra? Ma suvvia!
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!