
Profilattico: anche Fiorello cade nella trappola della superficialità
Il 1° Dicembre 2011 si è celebrata la Giornata mondiale contro l’Aids, malattia che miete ancora vittime, specie in Africa; epidemia generata da un virus che si trasmette attraverso i rapporti sessuali tra soggetti sieropositivi. Su come prevenire questa piaga il mondo medico e intellettuale è da sempre diviso sull’efficacia o meno del profilattico: nonostante l’esistenza di studi che dimostrano come l’educazione alla sessualità, come dice la Chiesa cattolica, sia l’arma migliore per combattere la malattia, e come al contrario il profilattico non sia efficace, la discussione rimane aperta e dibattutissima. Ad ogni modo, la base di discussione deve, o dovrebbe, essere scientifica e non ideologica.
Con la scusa di satireggiare un presunto ordine, partito dalla dirigenza Rai, di evitare la parola profilattico nei discorsi di chi fosse apparso in video proprio il 1° dicembre, Fiorello, nell’ultima puntata del suo fortunatissimo show del lunedì, ha sentito l’impellente bisogno di imbastire uno spot prolungato (coinvolgendo Jovanotti, Benigni, nonché il pubblico in sala) sull’efficacia del profilattico e sulla necessità dell’uso proprio da parte dei più giovani, quelli che lui chiama affettuosamente i “pischelli”. Al netto del tipo di spettacolo (per famiglie) che Fiorello e i suoi autori hanno sempre cercato di realizzare e difendere, tra l’altro con ottimi risultati di pubblico e di critica, viene da domandarsi, prima di tutto, se questa uscita non risulti un boomerang e se l’inno al profilattico in prima serata non sia l’ennesima sottomissione alla cultura dominante, che sponsorizza il profilattico di continuo.
Il punto non è l’assunzione da parte dei più giovani della tivù come modello, che non avviene, come la crisi del Grande Fratello che proprio Fiore ha causato dimostra. Se la tivù pedagogica non c’è più, è finito il tempo di “Non è mai troppo tardi”, è ancora intatta la sua funzione informativa e sono qui i limiti della tirata di Fiorello. Il suo interventonon è che l’ultimo tassello, in ordine di tempo, di troppi predicozzi su argomenti delicati e complessi, comunicati con la pretesa della definitività. Si ricordi, ad esempio, la polemica scoppiata per il sostegno alla buona morte, l’eutanasia per i malati terminali, nella trasmissione del “dinamico duo” Fazio – Saviano, Vieni via con me, quando, alla richiesta di poter raccontare anche esperienze diverse, nello stesso spazio televisivo, è stato risposto picche attraverso vaghi argomenti di opportunità.
Si pensi anche agli spazi di alta audience, come quelli satirici di Crozza e Litizzetto, nei quali, in mezzo a battute esilaranti, si infila spesso l’attacco premeditato a chi difende alcuni valori passati di moda come quelli cristiani, tanto per essere chiari. Il problema, ovviamente, non è la capacità dei comici di intrattenere, strappando sorrisi con l’arma dell’ironia, nel racconto della complessa quotidianità. È grave, però, che argomenti molto delicati vengano trattati in modo superficiale, e che molti bravissimi uomini di televisione cadano nella trappola dell’ideologia escludente, vanificando di fatto la libertà di satira. Perché una cosa è mettere alla berlina questioni politiche, discutibili e opinabili, un’altra è urtare la sensibilità di molte persone affrontando in modo inadeguato argomenti complessi e spinosi.
Insomma, parlando di narrazione televisiva, è come se si leggesse un romanzo, declamandolo in pubblico saltando i capitoli. Cosa potrà mai capire chi ascolta?
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