
Progetti di stato e sacrifici di popolo
La scelta politica sostenuta fino a oggi da Ibrahim Rugova e dalla maggioranza della sua Lega democratica del Kosovo è in crisi: i giovani albanesi, istruiti e impazienti, sono stanchi della politica attendista di Rugova e la loro pressione cresce.
La gioventù non aspetterà che una repubblica del Kosovo cada dal cielo.
Non ha tempo da perdere, i suoi anni sono contati.
C’è inoltre un’organizzazione armata illegale (l’esercito di liberazione del Kosovo, Uck) la cui attività, nonostante arresti e condanne, continua e diventa sempre più influente. Sono quindi presenti tutte le condizioni per una guerra civile lunga, sanguinosa e il cui esito negativo per le autorità serbe al potere è praticamente certo.
Ma non preoccupiamoci; finora senza neppure essere in guerra abbiamo ottentuto brillanti vittorie in Slovenia (allusione al ritiro dell’esercito ex jugoslavo, ndr) con il piano Vance (si pensi alla “Repubblica serba di Krajina”), così come a Dayton.
Arriverà di certo il giorno in cui il presidente Milosevic ci annuncerà solennemente alla televisione che siamo finalmente riusciti a sbarazzarci del Kosovo.
I morti, i feriti, i percossi, i detenuti, i maltrattati, gli esuli e tutte le al tre vittime di “questo conflitto a bassa intensità” saranno considerati come altrettanti danni connessi, inevitabili quando si realizzano grandi progetti di Stato.
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