Psicopatologia bellica

Di Contri B. Giacomo
02 Giugno 1999
Simplicissimus 20

Il tempo non passa invano, e il dibattito su guerra giusta/guerra ingiusta si è spostato in avanti. Negli ultimissimi tempi proprio coloro che disapprovavano quella distinzione, la hanno riproposta con l’idea di “guerra umanitaria” con la sua rovinosa conseguenza: per proteggere, si dice, un’etnia se ne è massacrata un’altra. Lo spostamento in avanti è quello che annoto io che mi occupo anche di psicopatologia: ormai è stretta l’analogia tra guerra e psico(pato)logia. Infatti, in ambedue i casi esse sono identiche: 1° nell’essere ambedue soluzioni sommarie, povere, automatiche, con riduzione nei due casi dell’intelligenza appunto a sommarietà, povertà, automatismo; 2° nel comportare ideologie regressive e semplificanti, anzitutto quella dell’“etnia”, cioè la vecchia “razza” ma con nome mutato. Abbiamo letto sulle prime pagine dei giornali i più diversi intellettuali impiegati a spiegare razzisticamente le ragioni dei conflitti politici e sociali e delle guerre. Al liceo ci insegnavano che i conquistati conquistano i conquistatori: alla medesima stregua dovremmo constatare che i vinti centroeuropei dell’ultima guerra hanno conquistato i loro vincitori in ogni campo, politica, scienza, psicologia.

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