Quando il cinema aiuta a guarire

Di Francesca Parodi
29 Marzo 2017
«È scientificamente dimostrato che la visione di film può aiutare ad alleviare il dolore, rafforzare la sicurezza di sé e migliorare la socializzazione». Il progetto innovativo di MediCinema

cinematerapia

Nella lotta alla malattia, dove non arrivano i farmaci può agire la mente umana. Sono in aumento gli studi scientifici che dimostrano quanto la psiche sia in grado di influenzare la salute del corpo e l’ultima innovazione in questo filone è la cinematerapia: si tratta di una terapia del sollievo che, attraverso l’uso del cinema, permette di costruire un percorso psicologico di supporto alla malattia, affiancandosi alla terapia tradizionale. I pazienti sono soprattutto bambini, anziani, tetraplegici, malati oncologici e neurologici, persone con disturbi psichiatrici o che stanno seguendo la riabilitazione dopo un particolare intervento chirurgico. «Sono per la maggiorate lungodegenti, perché soffrono di patologie gravi» spiega a tempi.it Paolo Negri, coordinatore delle attività di fundraising della onlus MediCinema Italia che porta avanti questo progetto.

«È scientificamente dimostrato che la visione di film può aiutare ad alleviare il dolore, rafforzare la sicurezza di sé e migliorare la socializzazione. Questa forma di terapia aiuta i pazienti a superare la solitudine e ad affrontare meglio la malattia e le terapie». Negri ha visto bambini che, una volta entrati in ospedale nel reparto pediatrico, «sviluppano un blocco, un rifiuto totale della terapia e anche un sentimento di rancore nei confronti dei genitori perché si sentono abbandonati. L’introduzione della cinematerapia, sia per i piccoli malati sia per i parenti, può aiutare a sbloccare questa situazione, avendo un effetto simile a quello della presenza dei clown e dei volontari che fanno giocare i bambini». Oppure un film può aiutare una vittima di un grave incidente che l’ha costretto su una sedia a rotelle o anche qualcuno che ha tentato il suicidio, spingendolo a guardarsi dentro e a rielaborare il proprio dolore.

Questa nuova forma di cura è già praticata in Inghilterra dal 1996 ed è stata importata nel nostro paese nel 2013 da Fulvia Salvi, attuale presidente di MediCinema Italia. Salvi proviene dal mondo del cinema e dello spettacolo, ma dopo aver osservato il successo di queste pratiche negli ospedali inglesi, una volta in pensione ha deciso di dedicarsi al mondo del no profit e di fondare una Onlus che si ispirasse al modello britannico. La prima realtà ospedaliera italiana che ha accolto questo progetto è stato il Policlinico universitario Gemelli di Roma, seguito poi dall’ospedale Niguarda di Milano in Spazio Vita (collegato con l’Unità spinale unipolare) e nel Centro clinico Nemo, la Casa pediatrica Fatebenefratelli-Sacco di Milano e la Fondazione per l’infanzia McDonald Italia di Brescia. All’interno di questi ospedali e case di cura, MediCinema ha allestito varie sale cinematografiche, attrezzate per consentire l’accesso anche a persone a letto o in carrozzina.

«La terapia consiste nella visione di film, accuratamente selezionati in un lavoro di sinergia tra il personale medico, i volontari negli ospedali e l’associazione Sentieri del cinema. Ogni film è appositamente pensato per una particolare forma di patologia, ed è necessario anche individuare con attenzione i pazienti che possono trarne beneficio. Per esempio, è stato verificato che questa terapia non è adatta a chi soffre di anoressia o bulimia, perché questi pazienti hanno bisogno di forme di cura individuali, mentre il cinema è un’esperienza di gruppo. Oppure, evitiamo di proiettare film in 3D perché c’è il rischio di controindicazioni, soprattutto tra malati di patologie neurologiche come la Sla». La visione del film è poi seguita da un’attività gestita dai volontari in cui i pazienti sono invitati a riflettere e confrontarsi sui contenuti del video. «Questo dialogo favorisce l’instaurarsi di relazioni interpersonali e aiuta a combattere il senso di solitudine e abbandono». I risultati sono concretamente verificabili da «uno staff di ricercatori, medici e psicologi, che, dopo la proiezione, sottopone puntualmente i pazienti ad una serie di test e monitora i miglioramenti».

Come molte altre forme di cura, anche la cinematerapia richiede tempo e costanza. «Molti malati tendono a chiudersi in se stessi e a tagliare i rapporti con il mondo esterno, ma alcuni film particolarmente stimolanti sono in grado di fornire spunti di riflessione da cui far partire un cambiamento. Ma ci sono anche casi eccezionali di pazienti che hanno completamente cambiato approccio molto rapidamente: per esempio, ricordo bene di un uomo che, a causa di una malattia neurologica, era diventato totalmente apatico; è bastato un film selezionato ad hoc perché quest’uomo recuperasse la capacità di provare emozioni».

Quando sottolinea il legame tra il benessere psicologico e la lotta alla malattia, Paolo Negri parla per esperienza personale: «Sono anni che sto lottando contro un tumore, ma il mio atteggiamento sostanzialmente positivo mi aiuta molto, ne sono convinti anche i medici che mi seguono. L’approccio mentale è determinante, non dico per guarire del tutto la malattia, ma per agevolare le terapie tradizionali e soprattutto per affrontare le conseguenze di queste terapie». Esistono molte forme di aiuto psicologico ai pazienti, come la semplice presenza confortante dei volontari, «e il cinema è solo una di queste, ma in più rispetto alle altre offre dei contenuti».

Certamente l’allestimento delle sale cinema e l’attrezzatura comportano dei costi non indifferenti. «Oltre alle generose donazioni che ci arrivano da privati attraverso il nostro sito, stiamo coinvolgendo aziende di diversi settori, perché ormai l’impegno sociale è sentito fortemente da tutti. In cambio, alle imprese offriamo la piena visibilità del loro marchio. Un grande aiuto ce lo stanno già dando la Disney, molto sensibile ai temi sociali, e la Regione Lombardia, ma vogliamo coinvolgere anche le case farmaceutiche. E poi ovviamente una risorsa fondamentale sono i volontari, senza di loro non si potrebbe andare avanti». Un ambito particolare in cui MediCinema vuole investire è la ricerca. Sono già in corso delle sperimentazioni per aumentare l’efficienza di questa terapia, «per esempio, a Niguarda vogliamo offrire un’esperienza multisensoriale, che non coinvolga la vista. Cioè, vogliamo rendere possibile accompagnare la visione del film alla percezione di odori e sensazioni tattili, come già succede in alcuni parchi Disney, in modo da aumentare il coinvolgimento». Bisogna tenere presente che «ognuno di noi è un mistero diverso dall’altro, quindi le terapie, compresa la cinematerapia, hanno un effetto diverso su ciascun paziente. Per questo vorremmo incrementare il lavoro del team di ricercatori, perché i risultati ottenuti ci confortano sul fatto che vale la pena di indagare in questo campo».

@fra_prd

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