QUANDO LA RELIGIONE DIVENTA OPPIO DEL POPOLO

Di Gianni Baget Bozzo
08 Luglio 2004
Di don Gianni Baget Bozzo è fresco di stampa un libro che, per sintesi e lingua tacitiana, è un capolavoro di “politica della teologia”

Di don Gianni Baget Bozzo è fresco di stampa un libro che, per sintesi e lingua tacitiana, è un capolavoro di “politica della teologia”. Si intitola L’intreccio. Cattolici e comunisti 1945-2004 (Mondadori). Ne riparleremo, intanto diamo qui di seguito qualche estratto della discussione che fa l’autore del concetto di Chiesa come “popolo di Dio” e dell’“eresia nascosta” dietro la predicazione socialpacifista (che parrebbe più di ascendenza gnostica che cattolica) di certi ecclesistici.

Ciò che è essenziale al concetto di popolo teoforo (“popolo di Dio”, ndr) è eliminare la differenza dell’identità cristiana, alienandola in una nuova umanità, di cui essa è portatrice, ma di cui sono ugualmente partecipi tutti gli uomini, in funzione della loro stessa umanità. Il popolo teoforo conduce a pensare la Chiesa come ciò che si aliena nell’altro, ciò la cui perfezione è perdere la propria identità, per produrre un’umanità compiuta che sia realizzazione di Dio come amore… L’identità di Dio consiste dunque nella sua alienazione nell’uomo. Solo a questo prezzo si può separare Dio dal problema del male: sia da quello del male fisico che è inerente alla creazione, sia da quello del male morale che è inerente alla legge divina. Dio è innocente dalle catastrofi naturali, Dio non considera il peccato, non lo giudica, non lo punisce. L’alienazione di Dio lo riduce a una personificazione della benevolenza umana come sentimento astratto. Il male diviene così semplicemente l’ordine del mondo visto sotto il segno della violenza: l’uomo diventa non moralmente ma ontologicamente causa del male e nemico dell’intenzione di bene che egli forma come esigenza morale. Dio diviene nulla e l’uomo ontologicamente malvagio. La civiltà, principalmente quella occidentale come civiltà cristiana, diviene la storia della violenza umana. La colpa dell’Occidente sarebbe quella di avere usato le armi e il potere pubblico in nome di Dio, il suo grande peccato quello di provenire dalla cristianità. Chi è il cristiano in questa prospettiva? è colui che si distacca dalla storia della cristianità e della Chiesa come storia di violenza e sostiene che il vero cristiano è l’immagine del Dio puro amore vivente nel mondo. Anche la fede stessa, in quanto principio di differenza, viene vista come violenza: proprio del cristiano diventa l’alienarsi in tutte le religioni, assumendo che esse sono tutte la stessa cosa del cristianesimo. Ciò significa tutt’altro che un imperialismo cristiano, significa il contrario: che il cristianesimo non è una verità ma un sentimento senza verità… Il cristiano diviene così l’uomo dell’utopia, l’uomo che non ha luogo… Il cristiano così assume la figura della negatività rispetto alla cristianità e all’Occidente e si colloca come privo di qualunque identità storica che non sia quella delle opere sociali, giustificate dall’espressioine dell’amore universale. In questo modo il cristianesimo diviene il luogo dell’impotenza divina, l’oppio del popolo, come aveva detto Marx… Opera qui chiaramente il principio gnostico, nella negazione della carne storica della Chiesa, della sua identità visibile, della particolarità irriducibile del suo pensiero. Torna il mito dello spirituale come non storico: ancora una volta lo gnosticismo si allea con l’utopia… Un comunismo senza rivoluzione diventava omologo a un cattolicesimo senza cristianità…

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