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Quattro film diversi ma belli, forse bellissimi, che ci fanno riconciliare col cinema. L’ipotesi è sempre quella: trovare qualcosa di vero in mezzo alla finzione narrativa o scenica. Uno sguardo, uno spunto, una pagina. Sarebbero tutti da vedere al cinema perché solo il grande schermo amplifica sentimenti ed emozioni.
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Drive My Car
La sorpresa dell’anno è Drive My Car, film giapponese di Ryūsuke Hamaguchi. A leggere la trama sembrerebbe una follia: tre ore di dialoghi fitti fitti, prove per uno spettacolo teatrale tratto da Zio Vanja di Čechov, peraltro recitato in lingue diverse, coreano, giapponese e inglese. La prima mezz’ora, che funge da prologo come in una vera e propria tragedia (i titoli di testa arrivano molto dopo), è spiazzante. Una donna che, mentre fa l’amore, sogna (?) o recita (?) brani di un possibile testo; il marito che, un po’ stravolto, si appunta poi le cose, ad amplesso finito.
Mi sembrava di stare nel mezz...
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