
QUEI NICOLINI MEGLIO DEI GELDOF
Nicolino Pompei è un nome che non vi dice nulla. In effetti, cosa dovrebbero dirci le generalità di un quarantenne di San Benedetto del Tronto, per di più un po’ strampalato, che sembra uscito da un romanzo di Flannery O’Connor? Aveva vent’anni e non dite che i vent’anni sono gli anni più belli della vita quando si vive, come viveva lui a vent’anni, come si vive, tra i più, a vent’anni, la vita dei tiratardi, tra noia allietata artificialmente dall’alcol, una pasticca, una ragazzina pasticciata, dentro un continuum di rumori chiamati musica e il parco giochi chiamati discoteca (e che se poi ti va bene, solo a un certo punto, qualcuno o qualcosa, una donna o un mestiere, ti prendono per i capelli, ti tirano su dal buco nero e ti rimettono in una qualche carreggiata).
Sia come sia, fatto sta che Pompei s’imbatte nell’amicizia cristiana (ridete pure scettici zapateriani, succede anche questo, nel mondo, non solo di andare in deliquio per la religione del diritto gay, per l’incenso di nonno Bob Geldolf e la fede nella liberazione dei popoli africani a colpi di canzonette e foto ricordo) e cambia vita fino al punto di consacrarsi alla verginità nella strana forma laica del professore di religione di liceo e, nel tempo libero, di testimone della propria conversione proprio nei luoghi della sua vagabonda adolescenza. Bar, pub, discoteca e in genere i posti dove passano le loro giornate i giovani diventano la sua terra di missione.
Avvenimenti in piazza
Oggi Nicolino Pompei è a capo di un piccolo e allegro movimento (Fides e Vita) di trentenni che han già messo su famiglia, figli e pancetta, o che addirittura si sono fatti preti. Poche centinaia, si intende, niente di oceanico, un seme, una goccia. Però, come capita in altre cittadine della provincia marchigiana, sono stati sufficienti tre di questi cristiani a trasformare le colline del Belvedere di Ancona, da parco poco illuminato, col chiosco della birra, musica a tutto volume e contorno di sballo e canne, insomma un classico posto di noia e godimento artificiale per centinaia e centinaia di ragazzi che popolano la notte, in quello che loro chiamano un ‘Avvenimento in piazza’, con mostre, incontri, giochi per bambini, insomma in una festa popolare che ha coinvolto migliaia di persone, giovani, anziani, famiglie.
Notare bene che il comune, l’assessorato con delega al sociale e tutte le cosiddette agenzie di socializzazione (di cui è nota la sensibilità pelosa al disagio giovanile eccetera) non hanno messo nell’iniziativa, non diciamo un euro, ma neanche una sola pacca sulla spalla, una mezza lettera di patrocinio, un loghino di quelli che oggi non si negano nemmeno alla festa del gatto delle nonne di Vidigulfo. Eccetto un consigliere di zona diessino, ovunque abbiano bussato i tre ragazzi hanno trovato solo indifferenza (mentre solo una settimana prima, enti locali e assessorati vari avevano sponsorizzato con la consueta retorica populista, altromondista e antirazzista una rumorosa festa della ‘comunità di extracomunitari combattenti’).
Sia come sia, lo scorso week-end le colline di Ancona si sono accese di luminarie e animate di vita, mentre gli avventori del chiosco accanto, i consumatori di birra, musica a tutto volume, ragazzine e luci soffuse, con grande fastidio degli imprenditori dell’alienazione di massa giovanile, almeno per tre sere, a dire il vero non sono scappati, ma hanno abbozzato l’invadenza di campo e sono sembrati pochi e pure un po’ male assortiti.
incontrarsi a rimini
Ecco un esempio di bonifica del territorio senza carabinieri. Ecco cosa può scaturire da una minoranza consapevole e perciò creativa. Ce ne sono tante di piccoli grandi storie come queste. Ne abbiamo viste tante di scene così, animate da cristiani di questa pasta, nulla a che vedere con quei cetriolini, come li chiamava Bernanos, che non esistono se non dentro il vuoto spinto di sacrestie e di centri-chioschi specializzati nel settore giovanile. Li abbiamo visti ad Ancona come a Firenze, nei paesi della Brianza come in Romagna.
E ne rivedremo, di scene così, all’apice di questa estate, in quell’apice di festa popolare e dialogo civile che in Italia è rappresentato dal Meeting di Rimini. Naturalmente i media non si occupano troppo di queste faccende. Però qualcosa ci dice che in questi tempi piagati dalla difficile congiuntura economica, dalla divaricazione tra élite e popolo e dall’alterigia di una borghesia avara e ultraleggera, intellettuale e Live 8, che fuori spaccia sogni e retorica di gloria, dentro è barricata a difesa delle proprie meschine rendite e residenze protette da muri, giardini e vigilantes, nella società italiana sta accadendo qualcosa di nuovo. Qualcosa di consapevolmente nuovo, popolare, creativo, che già il referendum ha fatto emergere e che, forse, con l’estate porterà a ulteriore definizione e consiglio. Chissà, magari anche politico.
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