
Raccogliere uva e olive per scoprire che «c’è qualcosa di prezioso nella vita»
Un’azienda agricola a cinque stelle nel senese decide di ospitare disabili e ragazzi cosiddetti “drop out” nella suo albergo Relais & Châteaux. È successo tra la fine di settembre e l’inizio di novembre a Borgo San Felice. In questo luogo i ragazzi hanno vendemmiato, colto le olive, cucinato con grandi chef e servito ai tavoli delle prestigiose mura di cui erano ospiti. E, in visita a Siena, hanno capito che stavano trasformando quello che per il mondo è un ostacolo in una risorsa. Ma a trarre vantaggio dalla bellezza loro regalata sono stati molti altri.
A spiegare quanto è accaduto è Nicola Corti, segretario generale della Fondazione Umana Mente del gruppo Allianz Spa, da cui è nato il progetto “Ilborgofelice – vendemmiando e raccogliendo insieme”: «Tutto è cominciato dall’incontro di cinque realtà di Allianz (Umana Mente, Mondial Assistance, Allianz, Borgo e Agricola San Felice) con otto organizzazioni non profit italiane. Volevamo dare a questi ragazzi la possibilità di fare un’esperienza formativa al di fuori del contesto di riferimento, per far sperimentare a tutti i partecipanti la bellezza di Borgo e Agricola San Felice a Castelnuovo Berardenga nel senese». La formula trovata sta nell’organizzare periodi di soggiorno per le persone che beneficiano dei servizi offerti dalle organizzazioni non profit coinvolte. In più gli utenti sono accompagnati, oltre che dai propri educatori, anche da volontari dipendenti del gruppo Allianz.
La prima esperienza, dal 23 al 26 settembre, ha come protagonisti cinque enti non profit (Opera Sante de Sanctis e Aipd di Roma, Ass. Impronta e Coop. Soc. Cura e Riabilitazione di Milano e Cooperativa Nazzareno di Carpi), impegnati nell’ambito delle disabilità, giunti a San Felice per la vendemmia. «Ma la sessione – spiega Achille Di Carlo, direttore del Relais & Châteaux – parte da un fatto drammatico». Una delle colleghe più amate dal personale dell’azienda, ancora giovane, è appena morta. I ragazzi arrivano il giorno dopo e, racconta Di Carlo, «non sapevo come avrei potuto rimotivare il personale. Si è percepito subito che la presenza dei ragazzi era la “terapia” giusta. Non ha cancellato il dolore, ma ci ha ridato speranza: la loro semplicità e voglia di vivere ci ha permesso di ricominciare». Non solo. Ad imparare qualcosa non sono solo le persone con disabilità e gli adolescenti, ma tutto lo staff oltre ai volontari, fra cui i dipendenti di Allianz e Mondial. Di fronte alla bellezza dell’iniziativa si sono aggiunti alla squadra anche fotografi professionisti di fama internazionale, come Luciano Bobba e la moglie Maria Teresa Cerrettelli, e alcuni professionisti del mondo della comunicazione, prestando servizio gratuitamente e insegnando agli utenti l’arte della fotografia e della ripresa. Un fatto che conferma «quello di cui Allianz era convinta: in Italia spesso persiste un’opinione errata secondo la quale la filantropia d’impresa è solo un espediente per ottenere qualche agevolazione fiscale. Per noi l’impegno sociale è qualcosa di più», commenta Corti. E il secondo progetto lo riconferma.
La coltura delle olive, dal 4 al 7 novembre, è pensata per ragazzi cosiddetti “drop-out”, quelli che per molti sono un problema. Ma Umana Mente conosce alcune realtà sociali dove questi giovani possono diventare risorse proprio attraverso le loro debolezze. Sono la cooperativa sociale In-Presa di Carate Brianza, l’associazione Cometa di Como e la Fondazione Piazza dei Mestieri di Torino. Realtà che prevedono l’alternanza scuola-lavoro in ambito alberghiero. «Ho avuto la fortuna di monitorare la modalità con cui i ragazzi sono educati da questi enti. Ero certo che per tutti sarebbe stata una grande possibilità vedere come si può cambiare stando di fronte a maestri capaci di educare». E quello che accade è emblematico di come la bellezza stimoli di più a fare meglio proprio chi nella vita ne ha sperimentata poca. Il Relais & Châteaux Borgo San Felice sceglie di accogliere i ragazzi con particolari attenzioni e cura.
«Ma posso usare lo shampoo e tutte le cose che ci sono in bagno? Sono per me?», domanda Gloria esterrefatta, mentre entra nel bagno della stanza a lei riservata. «Alcuni di questi giovani non sono mai stati ospiti di un albergo, figurarsi di uno così prestigioso», spiega Paolo Binda, uno dei responsabili di Cometa. Non solo, i pochi giorni insieme a raccogliere l’uva e le olive immersi nella colline del Chianti, a cucinare prelibatezze e a visitare la Siena e le sue opere durano più di uno spazio temporale. Tornati in azienda i volontari di Allianz e di Mondial parlano dell’esperienza vissuta. Lo testimonia Sara Gualco, dipendente e volontaria: «Sono partita per questa avventura non aspettandomi nulla. Sulla mia scrivania c’è una frase che dice: lavora come se non avessi bisogno di soldi, balla come se nessuno ti stesse guardando… ho ballato come se nessuno mi guardasse! Forse non l’avevo mai fatto! Porterò con me l’entusiasmo di vivere ogni momento della giornata come se fosse il più bel momento». Mentre Alberto Leoni spiega di «aver capito che lavorare attenti a ogni particolare rende più felici: questa la sfida ora che sono in ufficio». Oppure Monica di Mondial che dice: «C’è qualcosa di nuovo e prezioso nella mia vita». Le voci in azienda girano e molti fra quelli che hanno vissuto quest’esperienza si ritrovano a lavorare diversamente, con la consapevolezza che «insieme è meglio che soli». Perciò gli uffici di comunicazioni di Allianz e di Mondial decidono di coinvolgere tutti i 4.400 dipendenti per raccontare loro cosa è successo attraverso filmati, foto e racconti. Molti reagiscono chiedendo «di poter fare la stessa esperienza».
Un’emozione che può passare. Corti spiega che «quanto vissuto resta solo se ci si rende conto di quello che è successo: innanzitutto ci siamo detti che è la bellezza che cambia il modo di lavorare e avvicina gli uomini. E che la debolezza altrui e nostra può essere un’occasione: penso alla gita fuori porta. I ragazzi sono arrivati davanti all’affresco dell’Ospedale della Madonna della Scala di Siena che raffigura i bambini abbandonati mentre stanno salendo una scala fino a giungere al cospetto della Vergine. In questo Ospedale, nel Medioevo, laici e religiosi si occupavano anche delle orfane della città, che per educazione e dote diventavano fra le donne più ambite in città». I ragazzi rimangono colpiti: «Era come se, pur in proporzioni diverse, la loro storia fosse lì rappresentata». Ma la prova dell’utilità dei giorni passati insieme viene l’ultima la sera, quando il ragazzi servono la cena, insieme al personale, a volontari e staff annesso. Ricorda Corti: «Hanno lavorato con una cura tale da far esclamare allo chef Luca Ludovici: “Ho visto tanti ragazzi fare stage, ma mai gente così desiderosa di imparare e fare bene. Mi avevano detto che avrei dovuto lavorare con persone problematiche: se sono queste ben vengano”».
E perché il beneficio sia continuo «desidero che questi eventi si trasformino in stage strutturati», continua Di Carlo. Anche perché gli educatori e il personale di Borgo San Felice sono rimasti colpiti. Simona, responsabile dei ragazzi di Piazza dei Mestieri, sottolinea l’importanza «dello scambio sul campo con gli adulti coinvolti. Interessante lavorare e confrontarsi con le altre realtà». «Siamo rimasti colpiti – aggiunge Alessandro Marchionne di Ceo Agricola San Felice – dalla dedizione di queste persone considerate disagiate. Per questo stiamo pensando di ristrutturare uno dei nostri casali per loro: potranno lavorare e vedere il prodotto delle loro mani finito. Non è per dovere, durante quei giorni tutti i nostri dipendenti erano più motivati: ci hanno chiesto quando avremmo replicato». Ci spera Maria Mira Belo, alunna di Cometa, che confessa: «Sono contenta di essere stata prescelta dalla mia scuola. In questi giorni ho imparato cose che sono sicura che nella vita mi serviranno basta scrivere che ci aspettate e torno qui di sicuro».
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