Il “per sempre” della Regina

Di Annalisa Teggi
09 Settembre 2022
Elisabetta II è morta ieri a 96 anni. La macchina del banchetto mediatico sarà roboante e pantagruelica, ma dietro le pompe magne di corte o dei filtri queenstyle di Instagram c’è un sussurro che ci rasserena
Regina Elisabetta
Maxischermo a Piccadilly Circus. Londra commemora la morte della regina Elisabetta II (foto Ansa)

Nessuno davvero sa quanto pesa una corona, Elisabetta. Oggi è deposta e davanti al Re del Cielo sei solo Elisabetta. Mortale come noi, ed è questo il vero lieto fine delle storie di tutti. Dietro le pompe magne di corte o dei filtri queenstyle di Instagram c’è questo sussurro che ci rasserena: è solo un motteggio di eternità quell’illusione di durata che danno la fama, i traguardi, i troni e gli eroismi. Elisabetta II resterà nei libri di storia ‘per sempre’, ma come ogni altra creatura è fatta del bisogno di quell’eternità che solo Dio ha in dono per i suoi figli.

“Essere una regina”

“Essere una regina” è solo un modo dire per il mondo intero, una vaga nuvola in cui fluttuano le fiabe, il lusso, la bellezza, i privilegi e l’orgoglio. Morta pacificamente – recita il messaggio ufficiale. E immagino che una quiete lieta abbia accarezzato il volto di una tra le poche che sa cosa vuol dire essere regina e a cui sorella morte ha tolto il peso della corona, dopo averla portata per 70 anni. Il giubileo di platino cede il posto al giubilo di un’anima che va in cielo, senza nient’altro addosso che una coscienza da rimettere tra le mani del Padre. Come una qualsiasi nonna che muore.

Regina Elisabetta II
Elisabetta II a Balmoral, nello studio in cui due giorni fa ha incontrato Liz Truss, nuova premier inglese (foto Ansa)

L’unico lunghissimo strascico delle regali spoglie di Elisabetta ce lo vedremo sfilare davanti noi quaggiù, un vocio brulicante in cui Meghan Markle comparirà a una frase di distanza da Winston Churchill. Se c’è ancora qualche scheggia di ossa di Lady D non masticata dalle iene, salterà fuori. E, come cibo a lunga scadenza, i cassetti delle redazioni conserveranno papiri sullo stile impeccabile di Kate Middleton in tempo di lutto. La macchina del banchetto mediatico sarà roboante e pantagruelica, dalle ricapitolazioni storiche ai gossip pruriginosi. Impazziremo di reels con la manina che saluta. I più sofisticati non si faranno sfuggire la sussurrata ironia di una regina che se ne va, poco dopo che un’altra Elisabetta, Liz Truss, è diventata Primo Ministro. Anche se la vera zampata da leonessa di umorismo inglese l’ha avuta lei, che da Regina d’Inghilterra è morta in Scozia.

Vorremmo sentire la versione di Shakespeare e Dickens

Ne avremo di roba da masticare, e temo che ci lascerà a stomaco vuoto. Per conto mio, vorrei tanto sentire la versione di Shakespeare e Dickens in merito a quello che ci cattura, commuove, spiazza riguardo a una regina che muore. Forse ha a che fare con quella strana e sghemba democrazia scritta sottotraccia nell’umanità. Perché Amleto ci ricorda che, a corte così come nel condominio di periferia, fa malissimo il morso avvelenato di cui sono capaci quelli che sono sangue del tuo sangue. E Oliver Twist ci mostra che un orfano invisibile tra le pieghe della realtà può avere il cuore grande e puro e buono che nelle fiabe hanno solo i re.

Altrettanto democratica è l’evidenza che, anche in troni meno blasonati di quello inglese, nessuna creatura vivente è all’altezza di essere quello che il mondo esige da quelli che indossano la corona. In qualche stanza di Buckingham Palace, prima che le porte, aprendosi, dessero il via a un cerimoniale impeccabile, la regina sarà stata molte volte solo Elisabetta, al cospetto con il più intimo e cruciale degli interrogativi: e io a chi rispondo?

L’ultimo trionfo regale di Elisabetta II

Ogni essere umano al vertice non è mai in cima. Non è mai sul gradino più alto. Risponde, anche se finge di non farlo, anche se non dà un nome a Chi sta sopra di lui. E anche questa è buona notizia, quando si depone la corona. Ora le strade dell’Inghilterra si riempiono di gente, in tutto il mondo assisteremo alle grandi parate per l’ultimo trionfo regale di Elisabetta II. Sarà l’ultima volta in cui tutti guarderanno lei, anche se nascosta in una bara.

Ho appreso della sua morte mentre ero alla riunione di inizio anno scolastico, mi stavo appuntando gli ultimi nota bene su pastelli a mina robusta e quadernoni a cui mettere copertine di un colore preciso. E mi è passata per la testa l’immagine di una regina che ne avrebbe di lezioni di storia e diplomazia e relazioni umane da dare, e che forse sarà sorpresa dalla lezione più bella della sua vita.

Entrerà in quel regno dove i primi saranno ultimi, e nessuno più di Elisabetta si renderà conto che non è una punizione e neppure una vendetta rispetto agli ultimi che saranno primi. Che tutti quei tailleur fluo e cappelli galattici vadano pure in eredità al prossimo che sale sul trono e dovrà prendersi l’onere di essere primo, di essere il punto visibile in mezzo alla folla. È una gran benedizione starsene dietro, riconoscersi simile a qualunque altra anima che finalmente torna a Casa e si sente chiamare con il nome più vero di tutti, figlia.

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1 commento

  1. ROBERTO ZANDOMENEGHI

    Questo suo punto di vista mi sottrae fortunatamente a settimane, mesi, di prossimo bombardamento mediatico sul “chi è stata Elisabetta” e sui suoi mille aneddoti che ognuno ricercherà nella polvere del passato.
    E’ molto più bello pensarla così, a “starsene dietro” come dice Lei, in un luogo dove anche io sarò più ultimo o primo rispetto a chi sono oggi e sarò fino alla fine della mia vita.
    Per me che non ho più la fede ma so di essere stato comunque scelto per sempre, è una “gran benedizione”, citandoLa ancora, pensarmi domani come Elisabetta oggi, curva in piedi con le mani giunte dietro la schiena intenta ad osservare il Grande Cantiere di quaggiù mentre pensa “bene, io ho fatto, vediamo ora cosa combinate voi…”.

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