
Anche il governo inglese scarica Stonewall

Anche il governo inglese ha scaricato Stonewall. Il ministro della Salute Edward Argar ha confermato che il dipartimento è uscito dal programma Diversity Champions, la stessa decisione presa da enti come Ofcom e la Equality and Human Rights Commission. E ancora Channel 4, Ofsted, il ministero della Giustizia, fino a Kate Grimes, ex ad del Kingston Hospital di Londra, che sull’Health Service Journal ha scritto: «Lavorare con Stonewall non è più compatibile con i valori del NHS, mette a repentaglio la reputazione del servizio pubblico e la sicurezza dei nostri pazienti e del nostro personale».
Dal rispetto degli Lgbt alla devozione a Stonewall
Il problema? Lo hanno perfettamente inquadrato il Times e il coraggioso podcast Nolan Investigates Stonewall di due giornalisti della sede di Belfast della Bbc, David Thompson e Stephen Nolan (Tempi ve ne aveva parlato qui): pressioni, condizionamenti esercitati sulle istituzioni del paese, linee guida per la diversità che riflettono acriticamente l’ideologia genderista dell’organizzazione Lgbtq+ più potente d’Europa confliggono con l’Equality Act, saldamente fondato sul sesso e non sul genere. Più volte il Times ha denunciato l’abuso del Workplace Equality Index di Stonewall, brandito per costringere enti finanziati con denaro pubblico a conformarsi alle sue discutibili convinzioni in materia di identità di genere (vedi la cancellazione della parola “madre” in favore di “dipendente in stato di gravidanza” o “genitore che fa nascere”), troppe volte, «il supporto per qualsiasi cosa LGBTQWERTY è stato confuso con il rispetto di ciò che pensa Stonewall» ha scritto lo Spectator, denunciando che «spesso l’adesione al programma Diversity Champions non significa fare la cosa giusta – molti datori di lavoro lo fanno senza avvicinarsi a Stonewall –, ma solo di essere visti fare la cosa giusta».
La Bbc “transfobica” e l’inchiesta del Telegraph
In pratica enti, aziende e istituzioni pubbliche aderendo al Stonewall’s Workplace Equality Index e pagando per entrare nel programma Diversity Champions vengono valutati e classificati «in base a quanto bene promuovono l’inclusività dei trans. Viene loro offerta formazione per meglio adempiere agli standard di Stonewall e assicurarsi una classificazione migliore nell’indice negli anni seguenti. Agli ascoltatori – scriveva Joanna Williams raccontando l’inchiesta di Thompson e Nolan – restano pochi dubbi che questo racket non solo rappresenta una grossa fonte di entrate per Stonewall, ma mette le organizzazioni in una posizione compromettente». I giornalisti hanno dimostrato la subalternità a Stonewall della stessa Bbc (in questi giorni al centro di una feroce protesta, accusata da 20 mila persone di aver pubblicato un articolo “transfobico” – interviste con alcune donne lesbiche che affermavano di essere state sottoposte a pressioni per fare sesso con donne trans), il Telegraph ha fatto il resto: scoprendo che autori di reati sessuali, approfittando della bibbia di Stonewall che insieme alla libera scelta dei pronomi impone il libero accesso ai transgender in spazi riservati a un solo sesso, si erano introdotti e potevano continuare a introdursi in bagni e spogliatoi femminili degli enti aderenti al programma autodichiarandosi donne.
Oltre 300 mila sterline dei contribuenti alla lobby
Alla luce dell’inchiesta, il segretario Sajid Javid, è intervenuto personalmente promettendo di rivedere le politiche attuali. Secondo il Telegraph l’adesione ai servizi di formazione e alla consulenza di Stonewall è costata al governo (cioè ai contribuenti) negli ultimi cinque anni 301.623 sterline. Rispondendo a una domanda del deputato conservatore Tim Loughton, Argar ha dichiarato che «il rapporto del dipartimento con Stonewall è terminato già lo scorso febbraio». E «non ha attualmente in programma di rinnovare la sua adesione a Stonewall» nemmeno il dipartimento dei trasporti (che ha speso 44.461 sterline per iscrizioni, eventi di networking e formazione presso l’organizzazione). Anche l’Equality and Human Rights Commission aveva addotto motivazioni economiche: secondo la commissione il Diversity Champions «non costituiva il miglior rapporto qualità-prezzo». Secondo il Times le organizzazioni finanziate dai contribuenti stavano effettivamente pagando una lobby che esercitava pressioni su di loro, prova ne sarebbe l’indicazione agli aderenti al Diversity Champions di riscrivere le proprie policy perché riflettessero l’agenda di Stonewall e salire in classifica nel Workplace Equality Index.
Per Stonewall la critica di genere è come l’antisemitismo
Stonewall ha risposto facendo spallucce e ricordando che sono più di 900 le organizzazioni aderenti ai suoi programmi, come se sull'”esodo” di tante istituzioni di rilievo non pesassero, oltre alle inchieste, le stesse parole del suo leader Nancy Kelley, che ha paragonato le convinzioni di chiunque esprime “critiche di genere” – o crede che il sesso biologico non possa essere cambiato – all’antisemitismo. Lo stesso Matthew Parris, giornalista ed ex deputato co-fondatore di Stonewall 1989, ha accusato l’organizzazione di essersi «impantanata nella questione trans» e di aver assunto «una posizione estremista».
Foto di lewishamdreamer, licenza CC BY-NC 2.0
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