Regno Unito, si vota. «Se Corbyn vince, ebrei pronti a lasciare il paese»

Di Leone Grotti
12 Dicembre 2019
Per gli ebrei il problema non è la Brexit; Corbyn ha sdoganato l'antisemitismo e il 47 per cento se ne andrà in caso di vittoria dei laburisti
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Oggi è il grande giorno in Gran Bretagna: stamattina si sono aperte le urne che decideranno la composizione del nuovo Parlamento e, di conseguenza, il destino della Brexit. Il Partito conservatore di Boris Johnson è avanti sui laburisti di Jeremy Corbyn, anche se secondo i sondaggi il vantaggio si è assottigliato negli ultimi giorni. Il risultato è incerto, ma una cosa è sicura: se vinceranno i laburisti, il 47 per cento degli ebrei inglesi è pronto a lasciare per sempre l’Inghilterra.

«CORBYN È UN PERICOLO PER GLI EBREI»

Già l’anno scorso l’ex capo rabbino Jonathan Sacks aveva posto il problema in una intervista bomba alla Bbc: «Gli ebrei vivono in Gran Bretagna dal 1656 e non mi è mai capitato di sentire negli ultimi 362 anni la maggioranza della comunità ebraica porsi questa domanda: “È questo un paese sicuro dove crescere i nostri figli?”», ha dichiarato. «La situazione è davvero preoccupante. Corbyn è un pericolo».

Gli ebrei rappresentano appena lo 0,5 per cento della popolazione nel Regno Unito e da anni accusano il leader laburista di aver normalizzato l’antisemitismo in Inghilterra. Secondo un sondaggio del Jewish Chronicle, il quotidiano ebraico più influente del paese, la metà della popolazione ebraica è intenzionata ad andarsene se vincerà Corbyn temendo per il proprio futuro. Un altro sondaggio ha invece attestato che l’86 per cento degli ebrei considera Corbyn un antisemita.

SCANDALI ANTISEMITI NEL PARTITO LABURISTA

Gli scandali antisemiti di cui si è reso protagonista il partito laburista non sono una novità. Solo per citarne alcuni: nell’aprile 2016 la parlamentare Naz Shah ha pubblicato sui social media commenti antisemiti. Dopo essersi scusata, è stata difesa pubblicamente dal politico Ken Livingstone, secondo cui Hitler sosteneva in realtà il sionismo. Nel marzo 2018, Corbyn è stato investito da uno scandalo per aver difeso un artista che aveva realizzato un murale antisemita. Il leader si è poi scusato, dicendo di non averlo guardato bene.

Nel mese di aprile Marc Wadsworth è stato espulso dal Partito laburista con accuse di antisemitismo mentre i parlamentari laburisti di religione ebraica hanno denunciato gli abusi subiti all’interno del partito. A luglio la formazione di centrosinistra si è rifiutata di approvare una nuova definizione di antisemitismo coniata dall’International Holocaust Remembrance Alliance. Peter Willsman, alleato di Corbyn, ha dichiarato: «Non ho alcuna intenzione di farmi fare la morale da un gruppo di fanatici trumpiani». Infine, ad agosto, il Daily Mail ha pubblicato alcuni scatti risalenti al 2014 che mostrano Corbyn nell’atto di adagiare una corona di fiori in Tunisia davanti a un sito commemorativo dei palestinesi responsabili del massacro di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972.

Andando più indietro nel tempo, nel 2011 Corbyn disse alla televisione di Stato iraniana che la Bbc aveva «sbagliato a sostenere che Israele ha il diritto di esistere». Nel 2013 disse che «i sionisti in Inghilterra non hanno il senso dell’umorismo». «Alla fine ti considerano sempre un dannato ebreo. È bello sapere che in qualunque paese tu vada verrai sempre considerato uno straniero», ha commentato al Washington Post Joseph Deutsch, londinese ebraico di 75 anni.

IL NODO DELLA BREXIT

Altri ebrei sarebbero anche disposti a votare Labour, se solo non fosse guidato da Corbyn: «Se ci fosse chiunque altro alla testa del partito, li voterei. Ma non Corbyn. È estremamente antisemita. E anche quando se ne andrà, ci vorranno generazioni prima che gli ebrei si fidino di nuovo dei laburisti», ha dichiarato Marie van der Zyl, presidente dei deputati ebraici britannici.

Le urne si chiuderanno oggi alle 22 (23 in Italia) e tutto, neanche a dirlo, ruota attorno alla Brexit. La vittoria dei Tories non è in discussione, ma il leader conservatore Boris Johnson ha scelto la strada delle elezioni anticipate perché mira a ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Solo così potrà essere sicuro di ottenere l’approvazione delle Camere all’accordo sulla Brexit e portare il Regno Unito fuori dall’Unione Europea il 31 gennaio. Se invece non otterrà la maggioranza assoluta, tutto potrebbe essere messo ancora una volta in discussione.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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