Renzi, te lo do io lo Sblocca Italia. E non è il tuo gelato crema e limone, ma uno «shock economico da 400 miliardi»

Intervista all'ex ministro Corrado Passera: «Renzi offre panna montata mentre dieci milioni di disoccupati attendono qualcosa di forte. E io un piano ce l'ho»

«Renzi scherza con il gelato invece di perseguire cambiamenti concreti. Così anche la “storica giornata” dello Sblocca Italia passa agli annali per il siparietto bigusto che lascia in bocca solo amaro: perché più che crema e limone, c’è solo panna montata». È sconsolato Corrado Passera all’indomani del famigerato Consiglio dei ministri che doveva «sbloccare l’Italia e invece si è rivelato solo una grande illusione. In questi mesi ci siamo abituati ad annunci che non hanno avuto seguiti, ma abbiamo dieci milioni di disoccupati e sottoccupati che si aspettano qualcosa di forte». E qualcosa di forte, uno «shock economico» per smuovere l’Italia, Passera ce l’avrebbe. Cir, Mondadori, L’Espresso, Olivetti, Poste Italiane, Banca Intesa: il curriculum dell’ex ministro dello Sviluppo economico del governo Monti è sterminato e dopo «sei mesi deludenti» di governo Renzi, il fondatore del movimento politico “Italia Unica” è pronto a metterlo «al servizio dell’Italia».

Il premier ha annunciato molte riforme: perché non la convince?
La grandinata di parole con cui Renzi cerca di ammaliare l’opinione pubblica non basta a immaginare per l’Italia un futuro migliore. Non è con questi atteggiamenti, con promesse che diventano rinvii che a loro volta si trasformano in ipotesi, che riusciremo a convincere Bruxelles e Francoforte di meritare maggiore fiducia, ma soprattutto a creare lavoro. Dove sono finiti i tagli alle partecipate pubbliche, gli incentivi fiscali per gli affitti, i 43 miliardi promessi per le infrastrutture, il pagamento – ma sul serio – dei debiti scaduti della pubblica amministrazione? Io vedo solo grandi slogan, grandi affermazioni ma nessun fatto. Non c’è da stupirsi se l’economia peggiora mese dopo mese.

Anche lei ha fatto parte di un governo, quello Monti. E molti vi rimproverano le stesse cose.
Abbiamo fatto degli errori perché, da un certo punto in avanti, non c’è stato abbastanza coraggio e infatti anch’io ho preso le distanze da Monti politicamente. Però dobbiamo anche ricordarci in che situazione ci trovavamo alla fine del 2011: i commissari europei avevano già la valigia pronta a causa di almeno un decennio di gestione disastrosa del paese. Se i commissari fossero partiti sarebbe stato un disastro, soprattutto per i più deboli. Il nostro governo ha imposto dei sacrifici, è vero, ma lavorando con il Parlamento e le parti sociali abbiamo permesso all’Italia di restare padrona di se stessa. E non è poco.

Lei scrive nel suo libro Io siamo: «Non si può spostare una portaerei a forza di remi». Cosa vuol dire?
In Italia ci sono dieci milioni di persone con problemi di lavoro e un numero sterminato di imprese in difficoltà. Siamo un paese che da tanti anni è in decadenza. Se vogliamo cambiare il trend dobbiamo dare una botta fortissima all’economia perché con tanti pizzicotti non si va da nessuna parte. Mettendo un miliardino qui e un miliardino là non cambierà mai niente. Se si ha coraggio, si può dare una scossa fortissima da 400 miliardi senza mettere in difficoltà i conti pubblici e rispettando i nostri impegni con l’Europa.

Qual è la sua ricetta?
Faccio solo tre esempi. Prima di tutto bisogna cancellare lo scandalo di uno Stato che è il primo a non pagare i suoi debiti e che rischia di far fallire centinaia di migliaia di aziende che hanno crediti scaduti per almeno 100 miliardi circa. L’Unione Europea ha già detto che è possibile indebitarsi per saldare questa cifra. Facciamo quindi come in Spagna: fondiamo una società che anticipi il pagamento ai creditori della pubblica amministrazione e poi si rifaccia nei confronti delle diverse amministrazioni, sollevando così gli imprenditori che rischiano di fallire per colpa dello Stato da questo onere. Poi si può pensare al resto.

Cioè?
Bisogna tornare a investire. Dall’Europa riceveremo circa 100 miliardi, 70 per il periodo 2014-2020 e 30 che non abbiamo speso nei tempi giusti a causa di molte amministrazioni incapaci. Al posto di disperdere questi fondi in mille rivoli concentriamoli in opere strutturali: una parte per migliorare porti e ferrovie del Sud, completare i grandi corridoi europei e intervenire contro il dissesto idrogeologico. Un’altra, circa 15 miliardi, per incentivare gli investimenti privati con un forte credito di imposta per la ricerca e l’innovazione. Potremmo così tornare uno dei paesi più competitivi nel campo della ricerca, che garantisce aumenti di produttività. Non dimentichi, inoltre, che Italia Unica propone di dimezzare l’Ires a fronte della eliminazione delle mille inutili leggi di incentivazione regionale, prima di tutto i contributi a fondo perduto.

Per le famiglie niente?
Senza gravare sui conti pubblici dello Stato, oltre ad aumentare la No Tax Area di 8.000 euro per ogni figlio a carico per aiutare le famiglie con figli e al bonus badante per aiutare quelle con famigliari non autosufficienti, proponiamo di dare la libertà ai lavoratori di incassare subito il Tfr che si matura da ora in avanti. Una mensilità in più senza tasse e contributi può fare la differenza per molte famiglie e si può supportare in vari modi le imprese in difficoltà. E poi bisogna favorire in ogni modo i contratti di produttività (più ore e flessibilità a fronte di retribuzione senza oneri contributivi e fiscali) e il welfare aziendale: così si riduce in modo sostenibile il cuneo fiscale e si mantiene lavoro in Italia. Molti posti di lavoro possono venire anche dal Terzo Settore, ma anche in questo campo ci vuole una determinazione che per ora il Governo non sta  dimostrando.

È soddisfatto di come si sta delineando la legge elettorale?
Assolutamente no, perché l’Italicum è un sistema che non permette ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti. Noi vorremmo il collegio uninominale ma si può parlare anche delle preferenze. I due padroni della politica, Renzi e Berlusconi, stanno invece creando un sistema dove se hai il coraggio di andare da solo ti serve l’8 per cento per entrare in Parlamento, mentre se fai il cameriere di altri partiti solo il 4 per cento. Non è possibile che movimenti con sette milioni di voti rischino di non entrare in Parlamento. Questa non è democrazia.

È negativo anche sulla riforma del Senato?
Io trovo solo assurdo perdere mesi come questi sul Senato invece che sul rilancio dell’economia. La riforma è purtroppo pessima: non riduce né i costi né i tempi e mette il Senato in mano ai consigli regionali. Non si ha il coraggio di veri cambiamenti.

Che cosa blocca davvero l’Italia?
Di sicuro la giustizia ferma il paese perché non si arriva mai a sentenza. Negli ultimi anni ci siamo arenati su temi ideologici. Io credo che per cominciare possiamo fare dieci cose concrete che costano poco, anzi fanno risparmiare, perché permettono di rilanciare gli investimenti in Italia: per esempio depenalizzazione dei reati minori, informatizzazione, mediazione civile, disincentivazione degli appelli, copertura degli organici. Cominciamo con il pragmatismo.

Se fosse stato al governo avrebbe approvato l’obbligo del Pos?
Io sono favorevole all’uso delle carte. Posto che bisogna ridurre al minimo i costi di transazione, l’uso delle carte ci permetterebbe di combattere l’evasione. Io però sono favorevole a promuovere questo sistema non con sanzioni per chi non lo applica ma premiandone l’uso, ad esempio restituendo parte dell’Iva. In tema fiscale serve semplicità, premi ai buoni comportamenti e vere punizioni a chi ruba alla società.

A cosa si riferisce?
Non è vero che tutti gli italiani sono imbroglioni. Io vorrei mantenere poche tasse: una comunale, una regionale e due nazionali, una indiretta e una diretta. Bisogna fidarsi degli italiani e allo stesso tempo fare controlli efficaci per punire davvero chi si comporta male. Tutto qui.

Ora dica la verità: chi glielo fa fare di buttarsi in questa avventura politica?
Lo faccio per lo stesso motivo per cui ho accettato prima l’incarico alle Poste e poi l’incarico da ministro da Napolitano e Monti: quando quella mattina di novembre mi è stato chiesto di lasciare tutto e dedicarmi a un governo di emergenza, che non sapevamo neanche quanto sarebbe durato ma che avrebbe comportato di chiudere con tutto il resto, io non ci ho pensato due volte. Potevo essere utile al paese e non potevo dire di no. La gente non ci crede, pensa che io abbia secondi fini, ma se entro in politica con Italia Unica è solo per mettermi al servizio dell’Italia e perché sono convinto che questo paese possiamo tirarlo fuori dalla crisi in cui è immerso. E rilanciarlo alla grande.

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