Ribaltino o larghe intese? Comunque vada, Berlusconi vince

Imesi che sono passati dalle elezioni sono stati segnati dai sette voti di fiducia imposti dall’esecutivo in risposta al dissenso di molte componenti dell’Unione riguardo ai contenuti delle iniziative governative. Cosa che ha condotto all’ipotesi, ventilata persino dal capo dello Stato, di allargare la maggioranza per evitare il silenziamento del Parlamento. A questo punto le possibilità sono varie. La prima è che il presidente del Consiglio cominci ad acquisire i voti singoli dai parlamentari dissidenti dell’opposizione. Insomma, un ribaltino. Ma Marco Follini e Bruno Tabacci, che si sono differenziati all’interno dell’Udc, dicono di non essere interessati. Perciò la possibilità è che il premier vada in cerca di oppositori in crisi di astinenza dal potere, confermando in tal modo il giudizio di Berlusconi, secondo cui l’Unione è un patto di potere, non un’alleanza politica. Mostrando a un tempo che l’autosufficienza della maggioranza non esiste e negando il bipolarismo da cui Prodi trae il proprio titolo per governare. L’altra ipotesi è che l’Udc passi a sostenere la maggioranza in difficoltà. Ma questo sembra escluderlo la stessa ambizione di Casini, il quale si vede più leader del centrodestra che costola della sinistra. Saltando di là, Casini, come Esaù, scambierebbe una meritata primogenitura con un piatto di lenticchie. Allora qualcuno a sinistra, come Piero Fassino, aveva pensato di attrarre la Lega con il federalismo fiscale. Ma su questo fronte decisiva è stata la fedeltà di Umberto Bossi a Berlusconi, che ha chiuso le aperture dimostrate dagli incontri fra Roberto Maroni e Pierluigi Bersani.
Ci sono infine le larghe intese suggerite dal Cavaliere, ma questa soluzione impedirebbe al governo di portare avanti il proprio programma, visto a sinistra come la liquidazione del berlusconismo, se non addirittura come la vittoria di un blocco sociale sull’altro (in questo senso la Finanziaria sarebbe l’ennesimo strumento di lotta). Le larghe intese potrebbero avvenire solo sotto la guida di un governo Marini, minoritario ma appoggiato dalla Cdl. Cioè dopo il fallimento dell’Unione e lo spariglio del bipolarismo. Se invece Prodi volesse continuare a governare sulla linea attuale, dovrebbe farlo a colpi di fiducia e leggi delega. Il dilemma sembra quindi tra un governo Prodi senza Parlamento e un Parlamento senza governo Prodi, tutto per via del fatto che, politicamente, Berlusconi ha vinto le elezioni quando tanti, anche nella Cdl, credevano con Fausto Bertinotti e Francesco Rutelli che il berlusconismo fosse finito. Ma i conti tornano sempre, e ora la vittoria del Cavaliere si impone nei fatti e farà storia. bagetbozzo@ragionpolitica.it

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.