Sul salario minimo «no a facili soluzioni ideologiche e divisive»

Il governo punta ad approfondire la discussione per arrivare a un testo condiviso e di ampio respiro a fine settembre, anche ricorrendo alla contrattazione collettiva. «Non proporremo un mero indicatore numerico». Parla Andrea Volpi (Fdi)

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni al tavolo con i sindacati (foto Ansa)

Su lavoro e salario minimo no a facili soluzioni, con il rischio che siano ideologiche e divisive, ma spazio e tempo all’approfondimento in commissione, fino a fine settembre, per arrivare a un testo di legge moderno, condiviso e di ampio respiro. È l’auspicio espresso a Tempi da Andrea Volpi, deputato di Fratelli d’Italia e membro della Commissione lavoro, alla vigilia dell’approdo in Parlamento della proposta di legge sul salario minimo da 9 euro, a cura del tandem Pd-M5S. Risposta monca a un problema reale per risolvere il quale, secondo l’esecutivo, meglio sarebbe passare da soluzioni più efficaci, come il ricorso alla contrattazione collettiva.

Cosa vi aspettate che succeda in aula?

Premesso che, come maggioranza, abbiamo scelto di non votare l’emendamento soppressivo della proposta di legge, andremo in aula, non daremo mandato al relatore e otterremo un rinvio della discussione a settembre. Le opposizioni proveranno a esaltare la loro – se così possiamo definirla – “lotta” di questi ultimi quindici giorni, sostenendo che hanno costretto la maggioranza a non applicare l’emendamento soppressivo. Ma la realtà, invece, è che avremo ottenuto ciò che volevamo e cioè più tempo per lavorare a una proposta di legge più unitaria a livello di Paese. Non dimentichiamoci infatti che, sul tema, il blocco sindacale è spaccato e tutte le confederazioni che rappresentano il mondo produttivo hanno sostanzialmente manifestato la loro contrarietà a stabilire, per legge, un unico numero come salario minimo. Noi non proporremo mai, come proposta di legge, un mero indicatore numerico.

Cosa proponete, invece?

Noi non vogliamo percorrere la strada di una risposta sbrigativa che, a ben vedere, non soddisferebbe nemmeno quei 3,5 milioni di italiani che stanno sotto la soglia dei 9 euro. Preferiamo individuare una soluzione vera al problema, che esiste ed è reale, ma una soluzione che rappresenti un passo avanti e non indietro. Come molti autorevoli studiosi hanno giustamente osservato, la contrattazione collettiva in Italia è forte ma non è obbligatoria; ciò significa che, se oltre il 90 per cento dei lavoratori sono già tutelati dai rispettivi contratti di categoria, per tutti gli altri l’introduzione del salario minimo per legge si tradurrebbe automaticamente in un salario al minimo, disincentivando di fatto la contrattazione, anche quella per un salario migliore. Senza dimenticare poi che in Italia, oltre alla contrattazione collettiva, anche la contrattazione di secondo livello (quella in deroga rispetto ai rispettivi Contratti collettivi nazionali del lavoro per ciascuna categoria, ndr) è una risorsa da valorizzare per supportare le aspettative dei lavoratori.

Cos’altro?

La maggioranza di governo ha piena consapevolezza di tutti quei settori nei quali c’è necessità che la contrattazione sia applicata, per esempio tutto ciò che ruota intorno alla logistica e al facchinaggio, dove ci sono cooperative che pagano sotto la soglia dei 9 euro orari. Oppure ancora il settore della vigilanza privata. Ci ispireremo ad altri contratti già in essere. Ma sono solo un esempio di quelle categorie i cui contratti sono da sistemare. Noi partiremo, come primo segnale, da chi si aggiudica appalti con la pubblica amministrazione. Per loro non sarà più possibile tenere i contratti sotto soglia, perché siamo convinti che il primo segnale debba arrivare dallo Stato. E non ci fermeremo qui.

Tanti giovani e precari, però, svolgono professioni che, spesso, non godono di alcuna tutela, retribuite impropriamente con stage, diritti d’autore, finte partite Iva… è un tema che rientra nell’ambito delle preoccupazioni dell’esecutivo?

Daremo attenzione anche a loro; penso, per esempio, a figure come i social media manager, alcuni dei quali sono giovani che si sono formati studiando, e alle tante figure che oggi rientrano nell’ambito delle cosiddette nuove professionalità. A fine settembre metteremo in campo una proposta unitaria, complessiva e non divisiva, che possa tenere insieme un ulteriore abbattimento del cuneo fiscale, e dunque un sostegno a chi assume, la spinta all’applicazione dei contratti esistenti e un monitoraggio costante, anche attraverso un osservatorio, per individuare prontamente quelli che, invece, sono da rinnovare.

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