Critiche a Salvini, l’Ambrogino alla Mascagni, gli ecomoralisti

Lettere a Tempi sulle occasioni perse dal ministro dei Trasporti, sull'onorificenza alla cantante amata da don Giussani e sulle fisse degli ambientalisti

Il ministro delle Infrastrutture e leader della lega Matteo Salvini, 27 giugno 2023 (Ansa)

Caro direttore, vado subito al punto: che esista da tempo il problema degli scioperi settimanali, vessatori e dannosi indetti dai sindacati autonomi della categoria dei trasporti pubblici e spesso per motivi che rasentano il ridicolo è un dato di fatto, rilevato anche da esperti non certo “di destra” come Giuliano Cazzola, Marco Bentivogli e Tito Boeri. Che l’attuale ministro dei trasporti Matteo Salvini non approfitti per mettere all’ordine del giorno chiaramente questo problema endemico e davanti allo sciopero “generale” indetto da Cgil e Uil, la metta in caciara polemizzando a livello personale con Landini, invece di cogliere la palla al balzo e cercare di instaurare una trattativa con i confederali per risolvere questa piaga che «rende ostaggi i cittadini» (cit. Tito Boeri) conferma ciò che afferma Giuliano Cazzola: «Salvini in politica è un Re Mida al contrario!». E così si è persa un’altra occasione per svolgere una vera opera di governo per il bene comune o comunque porre un argomento chiaro davanti all’opinione pubblica, con risultato, tra l’altro di avere alleati insospettabili. Sarebbe ora che lo si denunciasse esplicitamente. Vorrei anche rilevare che la notizia di questi scioperi settimanali viene sempre data dai media in maniera asettica e mai approfondendo le ragioni, quasi come rassegnati all’andazzo, anzi con la beffa per chi guarda il Tg3 regionale lombardo, di ascoltare commenti sulle strade solo dagli utenti in pensione! Una cosa veramente ridicola!

Carlo Candiani via email

Caro Carlo, che esista un problema con gli scioperi settimanali è un fatto confermato dai numeri. Quest’anno sono stati 64, di cui 26 organizzati di venerdì. Poi, come avrai letto, io e Lodovica Festa la pensiamo come te, e non è la prima volta che sottolineiamo questo comportamento un po’ agitato di Salvini. Nessuno è nato ieri e lo sappiamo tutti come funziona oggi la politica: purtroppo si è ridotta a essere solo arte comunicativa e non di trattativa.

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Desidero condividere una bella notizia. Nel giorno dedicato a Sant’Ambrogio, il Comune di Milano consegna le benemerenze cittadine (note come “ambrogini”). In quel contesto, quest’anno verrà anche consegnata la medaglia d’oro alla memoria di Adriana Mascagni. Mi sembra un fatto di notevole rilevanza, perché anche il mondo “civile” riconosce l’utilità per tutti di quanto prodotto da Adriana, provocata dall’esperienza di fede compiuta attraverso l’incontro con don Giussani (a scuola) e l’appartenenza fedele e continua al Movimento di Comunione e Liberazione. Un riconoscimento che ci riempie di gratitudine per questa straordinaria storia e che ci impegna a continuare con ancora maggiore lena sulla strada indicata dal carisma che ci è stato donato.

Peppino Zola via email

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Caro direttore, si parla molto di ecologia, di anidride carbonica (CO2), di effetto serra, di impiantare pompe di calore al posto delle caldaie a metano per il riscaldamento nelle case, ma generalmente la gente ha le idee confuse. Premetto che non sono un esperto del campo, ma mi sono fatto istruire da chi lo è proprio per capire. L’anidride carbonica costituisce il 60% dei gas inquinanti implicati nel riscaldamento dell’aria, ma è il gas meno dannoso, il metano rappresenta il 20% ed ha un potere di effetto serra 70 volte superiore a quello della CO2. I fluorurati rappresentano solo il 2,5% dei gas dannosi, ma sono dannosi migliaia di volte in più della CO2. La CO2 non è affatto il gas maggiormente responsabile dell’effetto serra anomalo, effetto che la CO2 oltretutto esercita abitualmente anche a sue concentrazioni di normalità. L’attività vulcanica dal 2018 è aumentata in tutto il pianeta e con essa l’immissione di CO2 nell’aria; è un dato di fatto che nelle città l’80% dell’inquinamento atmosferico è dato dal riscaldamento di edifici pubblici, ospedali, RSA, RSD, scuole ecc… che in Italia per 3/4 è ottenuto con metano (in Nord Europa con nucleare o con termovalorizzatori). Ma i gas in assoluto più potenti come fattori di surriscaldamento e di effetto serra sono i gas fluorurati, che fanno funzionare i circuiti idraulici di frigoriferi, condizionatori e pompe di calore ultimamente molto raccomandate. Questi gas hanno un GWP = un potere di riscaldamento ed effetto serra 23.000 volte maggiore della CO2. È vero che normalmente non sono dannosi finché stanno nei circuiti idraulici di frigoriferi, condizionatori e pompe di calore, ma sono usati anche per bombolette spray, aerosol, estintori. Il vero problema è che in fase di sostituzione e smaltimento, per esempio di una pompa, tutto dipende dalla serietà del tecnico: infatti il recupero e lo smaltimento del gas ha un costo che non sempre viene affrontato, essendo più “economico” disperdere il gas nell’ambiente. Per questo il proporre le pompe di calore in Italia deve prevedere anche una legislazione adeguata e molto severa. Fino al 1996 erano usati per i frigoriferi fluorurati molto più dannosi di quelli attuali (freon R12), oggi vietati, ma solo in Europa: dopo il 1996 apparecchiature e gas anziché essere smaltiti, sono stati venduti ai paesi poveri dove ancora non sono vietati e dove continuano a inquinare (l’aria non riconosce i confini statali). Infine, mentre in Nord Europa i termovalorizzatori rappresentano ormai dal 50% (es. Parigi) al 90% (es Scandinavia) dei metodi di riscaldamento domestico, in Italia ci sono forti opposizioni perché inquinano con emissione di CO2. Vero! I termovalorizzatori sono inceneritori di rifiuti urbani da cui si ricava però un bell’80% della energia termica prodotta dalla combustione per poi usarla nel riscaldamento domestico. Certi paesi scandinavi addirittura comprano i rifiuti urbani dall’Italia per usarli in tal senso. Osservazione: dato che i rifiuti urbani comunque vanno bruciati negli inceneritori, e comunque la loro combustione inquina, non sarebbe logico, come fanno in mezza Europa, approfittare dell’occasione per trattenere almeno energia termica attraverso i termovalorizzatori ed evitare di inquinare con le caldaie a metano? In conclusione, vero che inquiniamo, ma inquiniamo perché usiamo il riscaldamento nelle case, negli ospedali, nelle RSA e RSD, nelle scuole ecc. e abbiamo le industrie. In Africa si inquina molto poco perché non hanno bisogno del riscaldamento e non hanno le industrie. Noi inquiniamo perché negli stessi ambienti di cui sopra, poi d’estate usiamo i condizionatori, cosa che fino agli anni ’90 non si faceva. Inquiniamo perché prendiamo gli aerei… certo gli USA inquinano molto, ma possiamo chiedere ad un cittadino americano che deve andare da NY a LA per lavoro, circa 4.500 km, di andarci in bici o in macchina? Il progresso e la società del benessere in cui viviamo ci sta presentando il conto. Siamo disposti come ci suggerisce il Papa a tornare ad una vita più sobria e a rinunciare a tante comodità? Se no è inutile stracciarsi le vesti o dare la colpa solo alla CO2 e fare gli ecomoralisti.

Fabio Sansonna via email

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La morte di INDI e le vicende che ne hanno caratterizzato gli ultimi momenti – giorni – della sua vita, pongono certamente delle domande. Ciascuno di noi – di fronte alle vicende inerenti le condizioni della piccola Indi, e ciò pur non essendo medici, né giudici, ma ancor più come genitori, e come nonni, viene sollecitato a delle riflessioni. Solo a queste condizioni ci permettiamo di giudicare l’amore di due genitori colpiti dal dolore di una figlia malata, molto malata, e la decisione dei giudici, decisione arrogante, di staccare la spina, che contrasta con la volontà dei genitori, ai quali va comunque riconosciuto il diritto e il dovere di crescere, sostenere e accompagnare i figli anche nel doloroso approccio con una situazione sanitaria difficile, e forse anche immutabile.

Ci si chiede sin dove va la responsabilità dei genitori e quella dei giudici. La prima va necessariamente riconosciuta ai genitori, la seconda soltanto una intrusione giudiziaria. In questo caso, come ebbe a sottolineare Mario Melazzini in Avvenire, la sentenza dei giudici inglesi ebbe a confermare lo stop al supporto vitale: per i medici di Nottingham continuare con il sostegno sanitario della bimba, affetta da una malattia giudicata inguaribile, era accanimento terapeutico; indi la malata non ne avrebbe avuto alcun beneficio, anzi le cure palliative le avrebbero causato solo dolore. Una diagnosi assurda che trova radice in parole arroganti: accanimento terapeutico, interruzione di cure, …parole che hanno sapore di disattenzione e di diniego della speranza dei genitori e del diritto alla vita della piccola, considerata ormai come uno scarto da eliminare. E ciò nonostante la drammaticità che ci interroga sul senso della vita.

La stessa disponibilità dell’Ospedale del Bambino Gesù di Roma ad accogliere la bimba, opzione negata dai giudici, fu decisione che non dovrebbe essere assunta da un tribunale, il quale non può e non deve decidere ad essere lo Stato a scegliere dove curare i malati, negando ai genitori il diritto di trasmettere Indi in uno dei migliori ospedali pediatrici del mondo. Perché negare ai genitori il diritto di scelta del luogo ove vi possa essere un trattamento più adeguato per la loro figlia? Qui sta l’arroganza del giudizio della Magistratura! Una Magistratura ben lontana dal diritto dei genitori di rispettare la loro responsabilità, e quello del malato con il suo diritto alla vita.

Analizzando – pur con alcuni limiti conoscitivi – questa situazione, viene in mente ciò che ebbe ad essere un sopruso nei riguardi di ginecologo Leandro Aletti, con l’ostracismo più assoluto e una denuncia per avere aiutato una donna a rinunciare all’idea di abortire, fatto giudicato come violazione della legge 194. Anche qui una sorte di arroganza, giocata non più a difesa della vita, ma di una ideologia artefatta e di una accusa di violenza impropria. Aletti, alla Mangiagalli di Milano ove operava, fu emarginato, condannato in base al “valore sociale”, in quanto “il comportamento di coartazione tenuto da Aletti apparve un disvalore sociale in ordine alla qualità perseguita di conservare la vita del feto ad ogni costo, anche se ritenuto gravemente malformato, non rende assolutamente di particolare valore”.

Anche qui l’azione di una Magistratura – spesso onnipotente – che colpì Aletti perché oppositore alla legge 194/1978, dimenticando che la legge dal titolo “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (aborto)”, ebbe a dettare che “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce e tutela il valore sociale della maternità e la vita umana sin dal suo inizio”, e aggiunse che “la legge non è mezzo per il controllo delle nascite, e che l’aborto è consentito solo in caso specifici  di stupro e di condizioni psichiche e fisiche della puerpera e del nascituro …..”. Ma ormai l’aborto ha contagiato gli stessi adolescenti.

Aletti convinse la puerpera a non abortire, trovando in essa certamente una condivisione, tant’è che fu poi particolarmente contenta di tornare a casa con in braccio il suo bambino. Aletti fu poi assolto poiché il fatto non consisteva reato, ma la discriminazione sul posto di lavoro non venne meno.

Analizzando i due fatti, mi chiedo se spesso – da noi come in altri luoghi – la Magistratura non agisca ideologicamente. Dove sta la libertà di cura? Diritto che tutti difendono a parole ma che spesso ignorano. Perché viene emarginato il diritto dei genitori? Il bambino e la sua famiglia sono un’unica identità, che va riconosciuta, mai emarginata: non si possono scindere le due entità – figlio/genitori – e la libertà di scelta dei genitori di Indi, richiedenti il traporto all’ospedale di Roma, non avrebbe dovuto essere negato da un potere giudiziario che scavalca l‘amore di due genitori richiedenti legittimamente di provare a correre la via della cura e non quella frettolosa della morte cagionata. La persona ammalata non è mai uno scarto!

Giacomo Poretti, in Condominio mon amour”, ebbe a domandarsi: “chi si prenderà cura degli altri quando a dominare il mondo saranno le macchine e gli algoritmi?”. E così Luca Doninelli, in Avvenire: “La vicenda di Indi pone una domanda: che ne sarà di noi, quando vedremo riconosciute tutte le nostre ragioni e i nostri diritti, ma non saremo più capaci di prenderci cura della vita, che il Mistero indefinibile ma più reale di ogni realtà continua a evocare, per noi, dal nulla?”.

Giancarlo Tettamanti via email

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