Scacco al generale.
Un Libano sospeso. A un passo dal precipizio. Al premier Fouad Siniora restano sedici ministri. Uno in più dei due terzi sotto i quali la Costituzione libanese impone le dimissioni. Cinque ministri sciiti di Hezbollah e Amal e uno fedele al presidente filosiriano Emile Lahoud l’hanno abbandonato. Poi hanno ammazzato Pierre Gemayel, il 34enne ministro dell’Industria. L’assassinio rischia, ora, di scompigliare i piani del generale cristiano Michel Aoun e degli amici di Damasco. In quei piani Aoun ha un ruolo fondamentale.
Quando rientra dall’esilio dopo la cacciata siriana il generale sogna la presidenza. I leader antisiriani lo sottovalutano, pensano di poterne fare a meno. Si sbagliano. Il mito del generale regge ancora e gli garantisce 31 seggi alle elezioni del 2005. Astio e ambizione spingono Aoun a un accordo con Hezbollah per cacciare Siniora, indire nuove elezioni, vincerle con i voti cristiani, farsi eleggere presidente, regalare il paese ai filosiriani. Alla vigilia del voto di governo sul tribunale internazionale per l’assassinio Hariri i ministri filosiriani si dimettono, Lahoud dichiara illegittimo un governo senza rappresentanza sciita, Hezbollah si prepara a scendere in piazza e assestare il colpo finale. Ma l’uccisione di Gemayel cambia tutto. Pierre è il figlio di Amin, il presidente che nell’89 offrì il bastone del comando ad Aoun. I cristiani bruciano i ritratti del generale, Aoun tentenna. Ma tentenna anche Damasco. Il ritorno a Washington di James Baker, la ricerca di una via d’uscita dall’Iraq possono garantire al regime siriano la salvezza in cambio della stabilità. Senza Aoun e senza la Siria Hezbollah è un’anatra zoppa. Sabato il governo Siniora dà via libera al tribunale internazionale. Hezbollah minaccia, ma non scende in piazza. Il domino è fermo. A una mossa dal precipizio e a una dalla risalita.
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