Sciopero o no? Quando la si butta in politica a perdere sono i lavoratori

Lo scontro tra Cgil-Uil e Salvini ha portato a ridurre le ore di sciopero nel settore dei trasporti. Intanto, però, ci si occupa sempre meno dei veri problemi sui luoghi di lavoro

Il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri e il segretario della Cgil Maurizio Landini durante la conferenza stampa a Roma, 15 novembre 2023 (Ansa)

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, e il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, hanno annunciato ieri in conferenza stampa che lo sciopero generale indetto per il 17 novembre «si farà». Confermando l’agitazione, Landini e Bombardieri hanno anche detto che, per i trasporti, lo sciopero sarà ridotto da 8 a 4 ore. Abbiamo chiesto a Emmanuele Massagli, presidente della Fondazione Tarantelli, di spiegarci come si è arrivati a questa situazione e di esprimere qualche valutazione in merito.

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Il 27 ottobre 2023 Cgil e Uil hanno comunicato alla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali la volontà di proclamare uno sciopero generale per l’intera giornata di venerdì 17 novembre. Le motivazioni sono da ricercarsi nella richiesta di «cambiare la proposta di legge di bilancio e le politiche economiche e sociali fino ad ora messe in campo dal Governo» e di assumere provvedimenti «in materia di lavoro (salari, contratti, precarietà) e di politiche industriali, sicurezza sul lavoro, fisco, previdenza e rivalutazione delle pensioni, istruzione e sanità, necessari a ridurre le diseguaglianze e a rilanciare la crescita».

Allo sciopero, che va strategicamente ad associarsi a una serie di iniziative similari già annunciate da sigle minori e da sindacati di base, non ha aderito la Cisl, che ha scelto con convinzione la strada della negoziazione con il Governo per avere voce in capitolo sulle leggi in materia di economia e lavoro. Una posizione che oggi appare assai ragionevole, considerati i contenuti più sociali che aziendali della manovra che sta iniziando l’iter parlamentare.

Cosa ha detto la Commissione di garanzia

L’8 di questo mese la Commissione di garanzia sugli scioperi ha scritto a tutte le sigle proclamanti lo sciopero per comunicare che tale agitazione non si sarebbe potuta considerare “generale” poiché non coinvolgente diversi settori del lavoro privato e troppo dilatata nel tempo: per questo dovevano essere rispettate misure meno svantaggiose per i cittadini, in conformità anche alle regole di “rarefazione oggettiva” degli scioperi nei servizi pubblici essenziali.

In sostanza, la Commissione ha chiesto ai sindacati di restringere a 4 (e non 8) ore l’astensione nei settori dei trasporti, dell’igiene ambientale e dei Vigili del fuoco, garantendo fasce di garanzia e non sovrapponendo gli orari di interruzione dei servizi di trasposto. Non è quindi stato messo in dubbio alcun diritto allo sciopero, ma si sono applicati i principi più volte enucleati nelle delibere degli ultimi decenni della Commissione per contenere gli effetti dell’agitazione sui cittadini. La risposta dei sindacati è stata, in prima battuta, abbastanza conciliante, tanto che sono mutati i termini dello sciopero nel servizio aereo e del Corpo dei vigili del fuoco.

Salvini contro Cgil e Uil

Il confronto si è infuocato tra il 10 e l’11 di novembre a seguito di una dichiarazione piuttosto battagliera del vicepremier Salvini che, ironizzando sul posizionamento sovente in prossimità del weekend di queste manifestazioni (ma dimenticando che le giornate di sciopero non sono retribuite per chi si assenta dal lavoro), ha anticipato di volersi avvalere della delibera della Commissione di garanzia per precettare i lavori dei trasporti allorquando i sindacati non si fossero attenuti a quanto disposto dall’Authority.

È risultato da subito evidente che, dopo un posizionamento di questo genere, Cgil e Uil avrebbero alzato i toni del confronto. Così è stato: durante l’incontro con la Commissione di garanzia del 13 novembre i sindacati hanno comunicato la volontà di proseguire nell’agitazione nelle modalità proclamate in origine, ricevendo come risposta la piena conferma del contenuto del provvedimento dell’8 novembre e quindi la comunicazione ufficiale che lo sciopero di venerdì 17 novembre non sarà considerato “generale” ai fini dell’applicazione della disciplina che consente le deroghe alle normative di settore sui servizi pubblici.

La precettazione e le sue conseguenze

Adempiendo alla propria promessa, da ultimo, il ministro Salvini ha annunciato la precettazione d’urgenza dei lavoratori. Si tratta di un provvedimento amministrativo straordinario col quale la competente autorità impone il termine o la limitazione di uno sciopero poiché valuta che sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, cagionato dall’interruzione del funzionamento dei servizi pubblici essenziali.

La disapplicazione della delibera della Commissione di garanzia avrebbe avuto come conseguenza per i sindacati una ammenda pecuniaria di importo relativamente contenuto per grandi organizzazioni nazionali (massimo 50.000 euro); il mancato rispetto della precettazione può invece avere conseguenze disciplinari sul singolo lavoratore. È quindi un provvedimento di tutt’altro peso (non inedito, però, già adottato in passato).

Sindacato e politica

Quale la morale di questa storia, ancora in svolgimento?

Le considerazioni più rilevanti non sono certamente di carattere tecnico. Qualche giuslavorista certamente troverà materiale per articoli scientifici o per proporre interventi correttivi alla legge sullo sciopero che risale al 1990 e non è aggiornata da oltre 23 anni. È indubbio che qualche miglioria legislativa occorra, ma non è questo l’insegnamento da trarre da queste giornate.

La vicenda è preziosa per tornare a riflettere del rapporto tra sindacato e politica. Il motivo del contendere, infatti, non è la difesa del diritto di sciopero (di certo non messo in dubbio da nessuno), né le gravi conseguenze della legge di bilancio sui lavoratori e i pensionati (anzi, pare vero il contrario: sono queste categorie ben più tutelate dalle proposte del Governo rispetto ad aziende, liberi professioni o giovani, solo per fare degli esempi), bensì l’affermazione di una visione solo politica della realtà. Vale per Landini, che questo sciopero lo ha annunciato già a luglio, quando neanche esisteva una bozza di legge finanziaria, perché per definizione bisogna essere contro a un Governo di centro-destra, come per Salvini, che sa di ricompattare il proprio bacino elettorale polemizzando con i sindacati.

I problemi dei lavoratori

A perderci, alla fine, sono i lavoratori, sempre meno considerati come tali e sempre più assimilati a dei “semplici” elettori. Indubbiamente ogni lavoratore è cittadino e quindi anche elettore, ma il miscuglio dei livelli fa sì che nessuno si curi più dei problemi delle persone sui luoghi di lavoro: le istanze legate alla sicurezza, alla stabilità contrattuale, ai salari. Tutto entra nel calderone del confronto tra destra e sinistra, tra padroni e proletari (ma esistono ancora delle categorie così nette?), tutto diventa materia da talk show e da editoriali sui giornaloni mainstream.

La realtà del mondo del lavoro, però, non è rossa o nera, bensì contraddistinta da bisogni e urgenze che accomunano le persone quale sia la simpatia partitica e quale sia la tessera sindacale. Di queste esigenze, tanto concrete quanto poco appariscenti, decisamente poco funzionali ad acchiappare click sui social, chi se ne occupa?

In un momento di trasformazione socio-economica come quello attuale, nonché di instabilità inflazionistica e geopolitica, l’Italia ha bisogno che i sindacati (e non “il sindacato”) tornino ad elaborare proposte concrete sul lavoro, non slogan buoni per ogni tempo; a incontrare le persone una a una, oltre che in piazza; ad essere punto di riferimento e compagno di strada per chi lavora, ad ogni livello, in ogni settore, con qualsiasi contratto. Così facendo il sindacato reciterà anche un ruolo politico originale e prezioso, non certo scimmiottando i partiti politici.

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