La preghiera del mattino

Scoop di Repubblica: alle elementari Meloni rubò una merendina a una compagna

Sulla Nuova bussola quotidiana Ruben Razzante scrive: «Liti furibonde in un clima da tutti contro tutti e un segretario messo sul banco degli imputati per non aver saputo gestire né le alleanze né le liste. Gli unici ad avere il paracadute, infatti, sono i fedelissimi di Letta e il segretario stesso, candidato come capolista in Lombardia e Veneto. Il segretario dem fa quello che fece Renzi prima di lui: blindare i gruppi parlamentari in vista del congresso che tenterà di scalzarlo per far posto al governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, dato in pole position per la successione».

I pasticci combinati, nel preparare le alleanze e le liste per il voto del 25 settembre, dall’ispettore Clouseau (Enrico Lettino) che Emmanuel Macron ha prestato al Pd, sono ben superiori alle previsioni. Ormai è evidente che si aprirà presto una resa dei conti nel partito democratico tra chi come Stefano Bonaccini con la sua Elly Schlein ha in testa un riformismo rosso-verde stile tedesco/Europa del Nord e chi punta a un melanchonismo italiano, collegato a esperienze simili in Francia, Spagna e Grecia, ispirato da Goffredo Bettini, forse guidato da Michele Emiliano (un leader ben più realistico dello spompato Andrea Orlando) e alla ricerca di una nuova intesa con i desperado di Giuseppe Conte/Beppe Grillo (e dunque molto permeabile alle influenze di Pechino). Comunque se la democrazia italiana tornerà a funzionare su idee e voti popolari invece che su commissariamenti dall’alto, questa sarà un’ottima notizia.

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Su Startmag Luigi Pereira scrive: «Liberale, liberal-socialista, riformatore, esperto di diritto ed economia delle telecomunicazioni, negli ultimi Antonio Pilati aveva ampliato i settori su cui scriveva saggi, editoriali ed analisi per quotidiani e riviste (anche su Startmag): relazioni internazionali, geopolitica, rapporti fra economia, tecnologia e diritti. Chi lo ha conosciuto così lo descrive: mente brillantissima, ironia pungente, spirito giovane, sguardo lungo».

Non è solo l’affetto a farmi tornare sulla figura intellettuale del mio caro amico Antonio Pilati. C’è anche l’esigenza di una riflessione più ampia su una generazione di intellettuali in vari modi politicamente impegnati sui quali un altro comune amico (di Antonio e mio), Giulio Sapelli, invita a riflettere in profondità anche per capire in che modo si è manifestata una resistenza a quel pensiero unico che ammorba ancora oggi pesantemente la nostra discussione pubblica. In questo senso Pereira sottolinea un elemento di particolare interesse: il legame di Pilati con il liberalsocialismo degli anni Ottanta. In effetti il tentativo di Bettino Craxi di modernizzare società e Stato italiani mobilitò personalità di grande valore. Il tentativo craxiano fallì nel ’92 con una crisi dello Stato determinata anche dall’emergere di un potere abnorme di settori della magistratura. Numerosi dei cervelli impegnati nella sfida craxiana scelsero in quel momento di aiutare nel ’94 il centrodestra berlusconiano anche perché le varie anime (ampiamente morte) del centrosinistra avevano accettato di scambiare la difesa delle loro rendite di posizione con la subalternità, coperta da retorica propagandistica, ad ampi settori di establishment, sfiatati quelli nazionali, assai più gagliardi quelli internazionali. La migliore cultura politica a disposizione dell’Italia quella dei Francesco Forte, dei Giulio Tremonti, dei Maurizio Sacconi e anche del pur ritroso Pilati finì dunque per fecondare il centrodestra italiano, che ora dopo oltre dieci anni di commissariamento della politica dall’alto grazie a Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, potrebbe il 25 settembre riprendere la guida della nazione diventando, dopo i fallimenti di Angela Merkel ed Emmanuel Macron, anche punto di riferimento per il conservatorismo europeo dei gollisti e dei popolari tedeschi e spagnoli. Peraltro anche questa storia spiega perché personalmente non posso, per la mia vita a lungo legata al Pci e dunque ben differente da quella di Antonio, che esercitare un ruolo non politico, essenzialmente da osservatore/commentatore.

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Su Huffington post Italia si riporta questa frase di Romano Prodi: «Le affermazioni di Berlusconi confermano quanto alto sia il rischio cui è esposta la democrazia italiana in caso vittoria di questa destra».

Il problema più grave per la nostra democrazia oggi è dato da quel concentrato di forze che tendono a negare alla sovranità popolare una piena funzione di indirizzo del potere politico nazionale. In questo concentrato di forze ha una parte non secondaria anche un’ampia coalizione di personalità in qualche modo (ora politico, tra l’ecumenistico e il multilateralista, ora affaristico) collegate a Pechino (più che a una Mosca che con il suo tardo imperialismo grande russo ha ben poco charme politico). Tra queste “personalità” spicca, oltre a Beppe Grillo e Massimo D’Alema, anche Prodi ben connesso ai circoli che hanno promosso e sostengono Giuseppe Conte. Se dovessi cercare non tanto un pericolo quanto un intralcio alla democrazia guarderei in questa direzione piuttosto che a un Silvio Berlusconi tanto logorato dalle persecuzioni scatenate contro di lui.

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Su Fanpage si scrive: «”Je crois que Mussolini était un bon politicien. Tout ce qu’il a fait, il l’a fait pour l’Italie”. Sono le parole di una giovanissima Giorgia Meloni, pronunciate durante un servizio su France 3 nel 1996».

Repubblica ha molto valorizzato questa notizia, e si dice che Maurizio Molinari abbia in serbo un altro preziosissimo scoop: una donna, che nel 1982 era – allora tutte e due bambine – insieme a lei in seconda elementare, sostiene che la leader di Fratelli d’Italia le ha rubato una merendina.

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