
Scuola. Ma a cosa serve questo sciopero?

Sciopero generale della scuola contro il ddl di Matteo Renzi. Non tutto della riforma è condivisibile, ma opporsi come stanno facendo in queste ore i manifestanti (guidati dalle solite sigle sindacali e movimenti di sinistra) è sterile. L’associazione di insegnati Diesse ha diffuso un volantino equilibrato e ragionevole che di seguito riproduciamo.
Dopo diversi anni i sindacati tornano in piazza insieme, ognuno con le proprie ragioni, e questa volta contro Renzi-Giannini. Molte posizioni si sono sempre più caratterizzate per i toni allarmistici e i contenuti spesso pretestuosi e generici: c’è chi scende in piazza per chiedere l’assunzione dei 100.000 insegnanti a settembre, cosa per altro più volte assicurata, e chi per la difesa della scuola pubblica.
L’impressione è che spesso dietro molti slogan e prese di posizione ci sia la volontà di difendere interessi corporativi, di conservare lo status quo, di alimentare il risentimento e la stanchezza; per alcuni anche il tentativo di usare lo sciopero contro il DdL per una contestazione politica: e anche l’enfasi sul “finalmente insieme dopo tanti anni” richiama a una sorta di arroccamento sul passato.
In questo frangente sembra inevitabile la “caccia al nemico”. Restiamo perplessi sulla scelta di questa modalità di espressione della professionalità docente; e lo siamo ancor di più tenendo conto del contenuto del DdL perché:
- la scuola muore di centralismo burocratico, ha bisogno di più autonomia, e nel DdL c’è attenzione a questo tema;
- la scuola ha bisogno di insegnanti stabili, non di precari a vita, e del DdL l’immissione in ruolo dei precari è il punto chiave;
- la scuola ha bisogno di un sistema di reclutamento e di carriera degli insegnanti legati alle capacità reali,
- verificate sul campo, e non a meccanismi di calcolo e punteggi, e il DdL, sebbene vagamente, li prevede;
- gli studenti hanno bisogno di percorsi formativi più agili, aperti alla realtà culturale, sociale e lavorativa di oggi, capaci di rispondere ai loro bisogni reali, e il DdL va in questa direzione;
- l’istituzione scolastica ha bisogno di aprirsi, anche strutturalmente e finanziariamente, ai soggetti del territorio con cui non può fare a meno di collaborare, e questo nel DdL c’è.
Certo, il DdL ha bisogno di essere rivisto in alcuni nodi importanti. Per esempio:
- autonomia: pensare di realizzarla semplicemente attribuendo più poteri al dirigente scolastico è velleitario;
- è l’intera governance della scuola che va ripensata, con un sistema di governo con pesi e contrappesi ben definiti;
- sistema di reclutamento: basato ancora su concorsi nazionali, mantiene la confusione fra superamento delle prove e diritto al posto di lavoro, e perciò continuerà inevitabilmente a produrre precari; inoltre il ruolo assegnato ai dirigenti nell’assunzione del personale è perlomeno ambiguo e a rischio di autodeterminazione dei singoli;
- carriera dei docenti: restano gli scatti di anzianità, ma il bonus previsto dal DdL erogato dal dirigente scolastico è un contentino destinato solo a suscitare contenziosi a non finire;
- curriculum: la proposta di incremento dell’offerta formativa rischia di diventare semplicemente un ulteriore aumento di ore e materie.
E così via: l’elenco delle critiche potrebbe continuare. Siamo convinti che il cambiamento che il DdL sembra configurare non sia positivo a prescindere, ma tutti sappiamo che la scuola ha bisogno di interventi radicali e di azioni che, rimuovendo ostacoli e incrostazioni, la rendano davvero strumento di trasmissione della cultura per il potenziamento delle competenze dei ragazzi e luogo di istruzione ed educazione.
Ci sembra però che lo sciopero del 5 maggio muova non dalla volontà di migliorare il testo di legge e di offrire proposte costruttive, ma di opporsi a ogni cambiamento. In considerazione del dibattito parlamentare che si aprirà nei prossimi giorni rilanciamo con decisione l’indicazione di un metodo: la possibilità di un dialogo costruttivo e reale tra tutti coloro che continuano a desiderare una scuola più capace di valorizzare la libertà e l’iniziativa di tutti i soggetti interessati: insegnanti, alunni, dirigenti, famiglie.
Sul sito di Diesse il testo del DdL, la memoria inviata alla VII commissione della Camera e le proposte emendative elaborate dall’associazione.
Foto Ansa
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8 commenti
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L’avversione contro i test Invalsi nasce principalmente dalla loro rigidità e dalla pretesa di utilizzarli non a scopo conoscitivo ma di valutazione diretta delle conoscenze/competenze degli alunni (come nel caso degli esami di licenza media) e indiretta del lavoro degli insegnanti.. Ovviamente ormai quasi tutti gli insegnanti “insegnano” a svolgere i test, spesso facendo acquistare appositi manuali alle famiglie, alimentanto un indotto in crescita (è il teaching to the test destestato dal prof. Israel).
Mi spiace, ma state sbagliando. Non c’è un granchè di buono nel decreto Buona scuola, mentre c’è molto di ambiguo e potenzialmente pericoloso nel metodo e nel merito di questa pretesa riforma e lo dico da cattolica. Per es. la dottrina gender e i libretti UNAR, che tanto ci preoccupano, potrebbero essere calati dall’alto senza alcun problema e senza più alcuna possibilità di discussione da parte del collegio docenti per mezzo di dirigenti trasformati in cinghia di trasmissione di input ministeriali. Altro che autonomia e territorio! Un’insegnante con le mie idee (semplicemente cattoliche) potrebbe essere sgradito al dirigente e essere allontanato dalla sua scuola.
La scuola ha molti problemi ed è investita di responsabilità sempre maggiori. Pensare che si protesti per corporativismo o per difendere privilegi (quali?) è miope e ingiusto.
Non sono di sinistra, non sono corporativa, sono cattolica, magari liberale, sono di ruolo, non mi interessano gli slogan: ho scioperato, come tutti nella mia scuola, perché non condivido il decreto, trovo inaccettabile il modo di porsi nei confronti dei docenti da parte del governo, del ministro e del suo sottosegretario e intollerabile il declassamento della funzione docente. Trovo intollerabile l’eccesso di standardizzazione e omologazione dei processi didattici e formativi e la valutazione degli alunni da parte dell’INVALSI.
Leggete ciò che scrive da anni sul suo blog Giorgio Israel e gli interventi dei suoi lettori: le discussioni fervono da anni. Questo sciopero viene da lontano ed è una reazione civile contro l’incapacità di ascolto di un potere che si fa ogni giorno più arrogante.
cara maria pia, insegni ai suoi colleghi a scrivere SCUOLA STATALE sugli striscioni. dopo 15 anni dalla legge berlinguer sarebbe il minimo che si può chiedere. tanto per essere chiari e onesti.
Gentile Maria Paola, premetto che non voto né renzi né berlusconi.Sono d’accordo con Lei, questa riforma è un’ennesima sola come furono una grande sòla le “riforme” moratti e gelmini.,(sostanzialmente solo tagli per fare cassa,in nome del ce lo chiede l’Europa) che hanno peggiorato notevolmente la Scuola statale.
Sono abbastanza d’accordo, ma non capisco l’avversione per i test INVALSI… Perché non si può valutare la formazione come avviene in quasi tutti i paesi? Se il problema sono i test in sé, usiamo i PISA o altri standard internazionali, ma mi pare opportuno che si valuti la qualità della formazione.
Non si tratta di omologare o standardizzare la didattica, si tratta semplicemente di valutare il livello medio degli studenti… chi fa bene il proprio lavoro non dovrebbe avere nulla da temere dalla valutazione.
serve al sindacato a mantenere la sua posizione di dominio
Io, infatti, stamani non ho partecipato.
E considerate che sono un tesserato di un sindacato della Triplice, ma non ho voluto partecipare.
E sono un cosidetto “precario della terza fascia”, da una decina di anni, più o meno, con un elevato punteggio nelle graduatorie di istituto.
Mi sono rifiutato di pagare i 300 euro per fare il Pass, come in passato mi rifiutai di pagare il balzello per i vecchi Forcom.
Ho visto docenti di laboratorio i quali nemmeno erano capaci di orientarsi nella tavola periodica, ed avevano problemi a spiegare come si prepara una soluzione diluita da una soluzione madre concentrata.
Ma hanno preso la cattedra annuale per automatismi burocratici che hanno fatto lievitare il loro punteggio.
Che i presidi abbiano una certa facoltà di scegliere in base a “referenze” pregresse di un candidato, non è cosa negativa.
I primi 10-15 di ogni classe di concorso, si conoscono tutti tra di loro, ed anche i dirigenti scolastici vengono in possesso di informazioni riguardo i candidati.
Ci sono persone che presentano lavori loro a convegni, e ci sono persone che hanno preso le cattedre avendo una scarna idea di quali saranno gli argomenti che saranno chiamati ad insegnare.
Oggi gli automatismi burocratici li accomunano.
Io vorrei, invece, che si facessero distinzioni.
Perché non è giusto che chi ha in curriculum anni di laboratorio ed anni di progetti finanziati da enti locali, dunque ha acquisto non solo una mano buona, ma anche intuito in quel tipo di materia, possa essere scavalcato da una persona che, se gli dici di trovarti l’antimonio sulla tavola periodica, ci mette dieci secondi ad individuarlo e con gli occhi deve passare in lungo ed in largo gruppi e periodi.
Troppo potere ai presidi no, ma una cosa giusta sì.
Comunque devo dire che da me hanno scioperato più studenti che docenti.
Stamani ho avuto classi di tre, quattro persone.
Praticamente, abbiamo passato cinque ore raccontando barzellette ed illustrando il programma delle tre settimane che ci separano dalla fine dell’anno.
assolutamente condivisibile,da diffondere