Scuola. «Macché “deportati”, basta retorica. Gli insegnanti devono andare dove ci sono gli studenti»

Di Chiara Rizzo
03 Settembre 2015
«Non si può creare lavoro per gli intellettuali disoccupati. Servono numeri chiusi nelle università». Intervista a Giovanni Cominelli
Studenti, professori, precari e personale amministrativo della scuola in piazza contro la riforma della scuola voluta dal governo Renzi, Palermo, 5 maggio 2015. ANSA/ IGNAZIO MARCHESE

«Mi pare che in queste ore si faccia della gran demagogia. Gli insegnanti devono andare dove ci sono le scuole e i bambini. Non si può pensare di trasferire le scuole e i bambini dove ci sono gli insegnanti»: Giovanni Cominelli, esperto di politiche educative, commenta così quanto avviene dallo scoccare della mezzanotte tra il 1 e il 2 settembre, l’ora x in cui una parte degli insegnanti precari italiani ha ricevuto una mail – inviata dal cervellone elettronico del ministero che ha incrociato le domande presentate il 14 agosto con le disponibilità nelle scuole di tutt’Italia – con l’assegnazione del tanto agognato posto di ruolo. Una lettera di assunzione a tempo indeterminato. Ma spesso in una scuola lontana da casa: settemila docenti sui 38 mila sin qui assunti dovranno trasferirsi dal Sud verso il Centro-Nord Italia, come ha spiegato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.

A metà agosto sono state presentate 71 mila domande nella “fase B” delle assunzioni previste con la buona scuola. Ieri però solo 9 mila insegnanti hanno ricevuto la mail con la proposta di un contratto. Come mai questa discrepanza?
Le procedure di assunzione andranno avanti quest’anno e l’anno prossimo. Le cifre fornite dalla Buona scuola che parla di 160 mila docenti da inserire stabilmente sono corrette, ma il Miur è costretto a proseguire a scaglioni.

Probabilmente la maggior parte dei 9 mila docenti che hanno appena ricevuto un’offerta di lavoro dovranno spostarsi. Per la maggior parte, ha spiegato Giannini, i siciliani andranno in Lombardia e i campani in Lazio o nelle regioni più a nord. Dei docenti precari selezionati in questa fase B il 50 per cento ha più di quarant’anni, e l’87,5 per cento è donna. Molte di queste persone lamentano di dover abbandonare figli e famiglia per lavorare. Cosa ne pensa?
L’alternativa è trasferire gli insegnanti o spostare gli studenti. I docenti devono andare dove i posti ci sono, per questo trovo demagogico il dibattito che si è fatto in questi giorni sulla “deportazione”. L’assurdo, semmai, è che nel Sud è stato creato negli anni un precariato enorme. Ci sono vari meccanismi che sono entrati in atto per arrivare a questo risultato. Per esempio, se sono una docente, e rimango incinta, prima prendo la maternità, poi un permesso, poi un altro ancora: legalmente ci sono stati meccanismi che hanno permesso il fatto che su una stessa cattedra ci stessero contemporaneamente il titolare più uno o due sostituti. Questo è stato permesso dalla carenza di controlli nella scuola, e dall’alleanza tra i vari docenti per spremere al massimo la scuola statale, spesso anche con la protezione dei sindacati. Un sistema di connivenze che ha provocato un’abbondanza di precariato soprattutto al Sud, dove ci sono meno studenti. Gli insegnanti devono andare dove ci sono i bambini, c’è poco da fare.

In Friuli Venezia Giulia solo 90 docenti hanno fatto domanda per la fase B, sui 300 aventi diritto, per paura di essere trasferiti: un caso che non riguarda certo una regione del Sud. Perché pensa che sia accaduto allora anche al Nord?
Il meccanismo è sempre lo stesso che ho descritto. Non si possono creare posti di lavoro dove non ci sono, solo perché ci sono tantissimi intellettuali disoccupati, altro grande problema che ha creato questi grandi numeri. L’idea di trovare posti di lavoro fittizi è del tutto infondata. C’è bisogno di insegnanti in alcune materie scientifiche e non se ne trovano. Quello è un problema di cui tenere conto.

Sui forum dei docenti, alcuni raccontano le loro esperienze di questi giorni. Tra quelli che hanno ricevuto una proposta di contratto fuori casa c’è anche chi ha già ideato il sistema per aggirare il problema. “Io sono stato il primo a dire che ho le valigie pronte, ma solo per prendere servizio, non certo per trasferirmi fuori. Ho tre bambini piccoli e madre anziana: sono sei mesi di congedo parentale per figlio e due anni di aspettativa per assistere mia mamma grazie alla 104. Penso proprio che la scuola dove sarò assegnato mi vedrà poco”. Potrebbe essere un caso isolato? Quanti docenti pensa che ricorreranno a espedienti del genere?
Purtroppo credo la maggioranza. La legge 104 è una legge che prevede un congedo per assistere una persona malata per circa 3 giorni al mese: se si attacca qualche giorno di malattia, magari si ricava qualche settimana, con la complicità di medici corrotti. Purtroppo, da quel che so, questa è già una prassi reale. Una prassi contro lo Stato e la spesa pubblica. È un fenomeno intollerabile se lo guardiamo dal punto di vista dei ragazzi. Che insegnanti hanno in quei casi? Si troveranno di passaggio uno, due, tre precari ogni anno. È un fenomeno che andrebbe stroncato. Si apre un discorso sull’amministrazione centrale, incapace di programmare domanda e offerta, e di effettuare controlli.

E la riforma della scuola cosa prevede riguardo ai controlli?
Sono previsti, ma di fatto continueranno a non essere fatti. I controlli delle assenze verranno spostati sull’Inps, anziché essere lasciati alla certificazione della malattia da parte del medico curante. Ma in realtà rimarranno fasulli.

Fino alla fase A del piano assunzioni c’è stato il problema che per alcune materie non si è riusciti a trovare insegnanti abilitati. Rimarrà aperto anche dopo la fase B?
Certamente. In Lombardia è stata già denunciata la situazione: qui abbiamo più bisogno di insegnanti di matematica e scienze, ma ne arriveranno moltissimi solo di lettere. Mancheranno anche docenti specializzati nel sostegno ad alunni con handicap. Ogni scuola per l’organico dell’autonomia potrà assumere sì un certo numero di insegnanti come organico, ma non potrà certo convertire le materie di specializzazione. Questo problema delle cattedre scoperte rimanda alla totale disorganizzazione dell’amministrazione centrale e del ministero dell’Istruzione in particolare. Servirebbe pianificare le formazioni di docenti già a partire dalle università dell’area pedagogico-didattica, programmandone l’accesso anche attraverso il numero chiuso. Servirebbe una selezione, in modo da evitare che migliaia di laureati siano abbandonati allo sbaraglio nel mercato del lavoro. In Italia, inoltre, abbiamo un insegnante ogni nove alunni, quando la media Ocse è di uno ogni undici: la domanda di lavoro dei laureati dalle nostre università è di gran lunga superiore alla necessità delle scuole. Benché il premier Matteo Renzi sia molto ottimista, secondo me stiamo generando ulteriore precariato. Ma questo problema non si risolverà mai, senza programmare l’accesso alle università.

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21 commenti

  1. Rita

    Immagino che tutti gli uomini che qui scrivano SONO TUTTI DISPOSTI A LASCIARE IL PROPRIO LAVORO PER TRASFERIRSI con la moglie insegnante (come in genere fanno le donne) o al contrario siano disposti a rimanere nella propria città facendo i vedovi bianchi lavorando tutto il giorno e seguendo i figli e senza la paraculata di affidarli ai nonni!
    VOGLIO TUTTI VEDERLI!
    E qui ci sta un bel : alla faccia del GENDER!
    Queste sono donne la maggior parte che i sacrifici li stanno già facendo da anni se non decenni, cambiando istituto, colleghe e bambini ogni anno!
    SVEGLIA

  2. giuliano

    la foto spiega benissimo il perché la scuola è ridotta male, si intravedono figuranti CGIL che sono i veri padroni della scuola e combattono tenacemente contro ogni possibile riforma o tentativo di miglioramento, poiché potrebbero perdere il loro potere di indottrinamento, e così corteo dopo corteo dal ’68 ad oggi la scuola si è trasformata in un letamaio comunista senza rimedio.

  3. Jens

    La triste verità è che l’Italia avrebbe bisogno di laureati (siamo sotto la media UE) per poter crescere e uscire dalla crisi, peccato che non abbia le risorse per piazzarli. Siamo condannati a decadere sempre di più.

  4. Luigi

    Ho 51 anni, moglie e due figli di 20 e 15. Due anni fa causa la crisi la ditta per la quale lavoravo ha chiuso i battenti ed io sono rimasto senza occupazione.. Per Grazia di Dio ho trovato lavoro, il MIO LAVORO, ma a 550 km da casa mia che è nelle Marche. Tutti i venerdì sera prendo l’intercity che mi riporta a casa per il week-end che per me termina con l’intercity notte di domenica sera alle 22.45. Ho 4 settimane di ferie l’anno da distribuirmi in estate, a Natale ed a Pasqua. Io non voglio ne offendere ne giudicare nessuno ma i miei amici insegnanti, e ne ho molti, qualche settimana più di me di libertà ce l’hanno eccome se ce l’hanno. E’ dura, molto dura ma così’ posso sostenere la mia famiglia, pagare l’università di mia figlia ecc… Avrei potuto rimanere nella mia terra ma gli unici impieghi che ho trovato erano totalmente diversi da quello che ho sempre fatto ed ho preferito sacrificarmi e continuare a fare ciò che so fare, penso bene. Ci sono centinaia e centinaia di persone nella mia stessa situazione ma nessuno titolo di giornale, nessuna campagna mediatica, niente. Capisco che è scomodo, che è duro, a me dispiace anche che ci siano così tante persone che vivono la mia stessa situazione ma se si vuole il posto FISSO tanto è, altrimenti lo si può rifiutare e cercare altro. Io non ho perso la speranza di tornare nella mia città e sono costantemente all’erta per cogliere la prima occasione utile che mi permetterà di tornare a casa dove quando tornavo dal lavoro passavo su di un lungomare invece che in viale Monza come ora. Non me ne vogliano i miei amici milanesi ma non è la stessa cosa! Nel frattempo vado avanti.

  5. Sebastiano

    da Google:

    GIOVANNI COMINELLI (1943) si è laureato nel 1968 in filosofia con Enzo Paci all’Università di Milano, dopo studi all’Università Cattolica di Milano e alla Freie Universität di Berlino. Militante e dirigente del Movimento studentesco e del Movimento lavoratori per il socialismo, consigliere comunale e regionale in Lombardia, ha fatto parte dell’area riformista del Pci e dei Democratici di sinistra fino al 2000, con un breve passaggio nei Radicali fino al 2002. Esperto di politiche educative, ha fatto parte del Comitato tecnico-scientifico dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e formazione (INVALSI) e del Consiglio di amministrazione dell’Istituto Nazionale per l’Innovazione e la Ricerca educativa (INDIRE).

    Ogni commento sulla paraculaggine è libero.

  6. bvzpao

    Ma davvero volete negare di conoscere insegnanti che godono di tutte queste ferie pagate (104, malattie fasulle, congedi parentali)?
    Davvero volete negare che se ti iscrivi a lettere tu e altri 50000 è probabile che 40000 finiscano a provare a fare l’insegnante, per poi – dopo qualche anno – cominciare a PRETENDERLO?
    Negate che la continua mancanza di insegnanti di materie scientifiche sia un problema che deve trovare soluzione?
    Perchè mai vi siete iscritti a lettere?

    Negate anche che i sindacati vi hanno parato il parabile in tutti questi anni?

    E poi non ha toccato l’altro spinosissimo tema della valutazione degli insegnanti (che mi fa rischiare la vita ogni volta che ne discutiamo con l’insegnante di famiglia- la moglie) !!!

    Finito questo giro sarebbe davvero auspicabile che cominci a crearsi quel meccanismo virtuoso per il quale al secondo anno di università lo studente decida se vorrà votarsi all’insegnamento oppure no, seguendo poi un percorso preferenziale (perchè anche se sei Einstein non è detto che poi sei in grado di insegnare per cui ti servono competenze pedagogiche apposite) che gli darà diritto ad un canale preferenziale NEL SUO TERRITORIO. Ma i posti liberi per questa trafila nel suo territorio saranno stabiliti anno per anno.
    E’ dura, lo so. ma non crea precariato a prescindere.

    1. Lucia

      La legge 104 vale per tutti, anche per i dipendenti di aziende private. E, NO, personalmente non conosco NESSUN collega insegnante che non abbia preso QUANTO GLI SPETTAVA DI DIRITTO.
      Anzi, conosco colleghi che vengono in classe anche con la febbre. Ma non solo in classe (facendo salti mortali per non lasciare in panne i bambini e le colleghe) anche per riunioni dei sottopagati incarichi aggiuntivi.
      Vi faccio una domandina veloce: voi quanti giorni di permesso avete all’anno?
      Noi nessuno, se non ci facciamo sostituire.

      1. bvzpao

        carissima Lucia, mi fa piacere che non conosca nessuno che si approfitta della mamma malata. Io stesso devo prendere le ferie per accompagnare mia moglie, disabile ma non abbastanza, quando deve fare certe visite e controlli; purtroppo c’è chi ci fa le ferie con la 104 (ho i nomi). Gli insegnanti che vanno a scuola malati li conosco pure io, ce l’ho in casa, e anche quelli che con i figli malati assassinati li portano dai nonni pur di non stare a casa(che infatti significa inguaiare i colleghi). Ma stiamo parlando delle persone con un ottimo senso del lavoro. Non è per loro che vengono strette le cinghie. Anzi in parte anche colpa del loro silenzio negli ultimi 40 anni. E della mancanza di vero potere da parte di chi controlla.
        Sui permessi potrei dire che mi spiace, ma è una delle storture del sistema scuola. Non è colpa degli altri. Ti aggiungo che conoscendo il tipo di lavoro che fai sono contento della vostra pausa di 2 mesi, conosco gli orari degli insegnanti (quelli dentro e fuori da scuola) ma la percezione che si ha di voi – sbagliata in buona parte – dipende soprattutto da quei pochi sfaticati che ci sono e per i quali dovete, voi per primi, trovare un sistema di autodifesa ed espulsione. Magari attraverso un sistema di valutazione condiviso. Ci potreste riuscire? o meglio, tu sei disposta a farti valutare da qualcun altro che dice quanto sei brava o adeguata a fare il lavoro per il quale lo Stato ti paga?

  7. Antonio

    Il solito problema dei dipendenti statali italiani: lavoro sotto casa e se possibile stipendio senza lavorare.
    Poi il sindacalismo esasperato moltiplica i posti e i privilegi.
    In America avere il posto di lavoro a 100km di distanza è normale e nessuno si lamenta, quando avevo l’azienda edile i miei operai erano Bresciani e tutti i giorni – sabato compreso- partivano alle 5 del mattino per essere in cantiere alle 8.
    Solo gli insegnanti vogliono la vita facile e hanno il coraggio pure di lamentarsi!! Vergogna.

    1. Monica

      Ha ragione, signor Antonio, proprio una vergogna! Che cosa vuole che sia stare quattro -cinque ore in classe davanti a ragazzi che in parte non conoscono l’italiano, in parte sono colpiti da handicap, in parte hanno problemi d’apprendimento, in parte hanno situazioni familiari disastrose? Un’inezia! E l’azione di insegnare, poi? Un gioco da ragazzi!! Per non parlare del mantenere la disciplina: riuscirebbe anche a un bambino! E i pomeriggi, poi? Nessuna riunione, nessun compito da correggere, nessuna lezione da preparare! Un vero Paradiso!! E la gratificazione sociale, poi: un alone di stima e rispetto circonda l’insegnante da parte di tutta la società! Chi gliel’ha fatto fare di impiantare un’impresa edile? Poteva fare l’insegnante, una professione di tutto relax!! Anche il posto sotto casa si trova subito: mica c’è bisogno di anni e anni di gavetta!! Peccato che non possa tornare indietro: se ne faccia una ragione, e si consoli!!!

  8. ftax

    Quanta ignoranza in questi commenti.
    Che si arrivi a confondere l’intervistatrice con l’intervistato per sparare sui contenuti, poi…
    Siete insegnanti di ruolo con sindrome da burnout?

  9. giulia

    Quanta ignoranza in questo articolo

    1. Homo

      Che su spostasse l’autrice, in nepal magari dove l’aborto è reato. Ma che vergogna questa robaccia cattolica,ormai questi quattro gatti sono ridotti a sputare bile sugli altri ….cacciato il boy scout dovremo risolvere le cose con questa gente come stanno facendo in Francia

      1. MicheleG

        Ma di cosa stai parlando?

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