Se dio entra nell’urna di Dean

Di Lorenzo Albacete
15 Gennaio 2004
Questa settimana sono stato invitato a partecipare alla registrazione di un programma televisivo dedicato alla “Religione nella politica americana”

Questa settimana sono stato invitato a partecipare alla registrazione di un programma televisivo dedicato alla “Religione nella politica americana”, che verrà trasmesso nei prossimi giorni sul canale televisivo pubblico (Public Television Network). Il programma sarà regi-strato a Independence Hall ossia proprio nella stessa sala in cui vennero firmate la Dichiarazione d’Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti. (Non c’è “luogo più sacro” di questo nella storia americana. è l’equivalente della “Stanza Superiore” di Gerusalemme, dove fu celebrata l’ultima cena). Mi è stato fatto sapere che la prima parte del programma sarà dedicata alla discussione dei temi attualmente più controversi, come il matrimonio fra gay, la rimozione della lapide con i dieci comandamenti dalla corte di uno Stato del Sud, il riferimento a Dio nel giuramento di fedeltà alla bandiera, la preghiera nelle scuole pubbliche, l’aborto, l’eutanasia, ecc. Io parteciperò alla seconda parte, nella quale si discuteranno gli “impliciti presupposti filosofici” che stanno dietro a queste polemiche.
Non si può sottovalutare l’importanza dell’argomento. Chi non è americano si meraviglia del ruolo fondamentale che la religione sembra avere nelle coscienza del popolo americano. Il mio battesimo con la politica americana è stato quando, studente d’università impegnato nella campagna elettorale di John F. Kennedy, rimasi sbigottito che la sua fede cattolica potesse rappresentare un concreto ostacolo per la sua elezione. A parte il cattolicesimo, che per molti americani significa ancora una potenziale minaccia alla libertà religiosa (nonostante la maggior parte degli studi dimostri che oggi, negli Usa, i cattolici facciano in genere le stesse scelte politiche dei non cattolici), la vera questione non sta nell’accettazione da parte del popolo di specifiche religioni, chiese o confessioni religiose, ma nell’importanza che i candidati politici ritengono di dover assegnare alla propria religiosità individuale. Viene da chiederesi se un ateo dichiarato avrebbe oggi la possibilità di essere eletto presidente degli Stati Uniti (e, con poche eccezioni, governatore di uno Stato).
Gli esperti di politica, ad esempio, hanno notato come Howard Dean appaia il candidato presidenziale “più laico” della storia americana, dato che le sue convinzioni religiose non sembrano fare parte del suo messaggio politico. La sua storia personale non rivela un profondo interesse per alcuna specifica confessione religiosa. è cresciuto come membro della Chiesa episcopale (la versione americana della Chiesa anglicana), ma l’ha lasciata: non per un disaccordo dottrinale ma perché la parrocchia alla quale apparteneva si era rifiutata di concedere una certo appezzamento di terra per la costruzione di un percorso ciclistico, cui Dean aveva dato il proprio appoggio. è entrato nella Chiesa congrezionalista, che ha una concezione della chiesa in perfetta armonia con il più puro spirito americano. Sua moglie è ebrea. Dei suoi figli si dice che “seguano sia la tradizione ebraica sia quella cristiana”.
Tutto ciò non è stato finora un problema per Howard Dean, dato che sta soltanto candidandosi alla nomination del partito Democratico, ed è ovvio che il suo principale sostegno provenga da quei demo-cratici liberal che stanno cercando di spostare il partito a sinistra della sua ideologia “clintoniana”. Per queste persone, il laicismo di Dean è un vantaggio, non uno svantaggio. Tuttavia, prima o poi Dean dovrà affrontare gli elettori del Sud e “cuore profondo” dell’America, dove la religione ha ancora un’importanza fondamentale. I liberal dubbiosi che Dean abbia la capacità di vincere contro il “cristiano rinato” Bush in queste regioni si preoccupano per la sua evidente mancanza di fede religiosa.
Sembra che Dean ne sia consapevole, proprio come ha scritto domenica scorsa il New York Times: «A poco a poco il Signore si insinua nella campagna elettorale di Dean». Recentemente ha espresso la sua ammirazione per Gesù Cristo (il suo Gesù Cristo non è esattamente quello definito dal Concilio di Calcedonia; ma comunque l’America è patria di molti Gesù, compreso il “filosofo preferito” del presidente Bush). Ha raccontato di come sia giunto a comprendere i profondi legami tra il cristianesimo e il giudaismo, e ha persino pronunciato una benedizione islamica. Ha dimostrato la sua familiarità con gli studi biblici discutendo sulle possibili differenti versioni della fine del libro di Giobbe. Peccato abbia detto che il libro di Giobbe era il suo preferito tra quelli del Nuovo Testamento…
Che cosa diavolo ci si apetta che io dica alla Tv?!

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.