Se Dio vuole

Di Marina Corradi
22 Aprile 2004
Giorni di Pasqua, un angolo di Sardegna ancora appartato e lontano dal turismo di massa.

Giorni di Pasqua, un angolo di Sardegna ancora appartato e lontano dal turismo di massa. Prenoti per l’estate, ci vediamo ad agosto, la padrona del piccolo albergo, di rimando: «Ci vediamo ad agosto, se Dio vuole». Il saluto ti rimane in testa mentre te ne vai attraverso la brughiera verdissima, piena di fiori, terra incantata, che è questa isola fino a quando il sole d’estate non la brucia.
Se Dio vuole? A Milano, non lo si sente dire quasi mai. Dio? Cosa potrebbe volere Dio da noi, da qui ad agosto? Beh, in effetti, potrebbe volere tutto da qui a stasera, o anche adesso, su questa strada che sale lungo la scogliera, mentre tu te ne vai con tutti i tuoi progetti e piani e pensieri a vuoto verso un’altra giornata. Già, se Dio vuole ci si vedrà ad agosto. Pare che la gente di qui, non ancora travolta da residence e aquapark e soldi, usi ancora abitualmente questa antica espressione cristiana.
Come, fino a non molto tempo fa, quasi ovunque in Italia. Come, in un paese delle Dolomiti, anni Sessanta, la ottantenne signora Giuditta, che affittava casa ai villeggianti. Gran bella vecchia, addosso ancora la veste lunga di quelle valli, e il grembiule e lo scialle, fiera, sulla porta alla fine della stagione ci si salutava: arrivederci all’anno prossimo, e anche lei, che parlava con la cadenza dolce del bellunese: «Arrivederci, se Dio vuole».
E non era semplicemente un modo di dire. Piuttosto, un modo di stare al mondo, che in una forma, in quella semplice frase si esprimeva. In quel “se”, che rimetteva tutto nelle mani di un altro, lasciando andare la presa delle proprie. (Noi facciamo tutto perché i figli vengano grandi, perché il raccolto cresca, e il bestiame. Poi, se Dio vuole). Non l’avevano imparato gratis, quel “se”. La vecchia Giuditta, dei nove figli ne aveva persi tre, bambini, falciati via da febbri che oggi un antibiotico spazzerebbe via. Prima che arrivassero i turisti, lassù spesso avevano avuto fame. E in fienile avevo trovato un elmo da soldato con sopra graffiato con un coltello: «Mamma, se posso, torno», ma quel figlio tanto aspettato non era tornato. Era così, oltre che perché glielo avevano da sempre insegnato, che Giuditta aveva imparato a dire : «Se Dio vuole».
Tuttavia grata, la domenica si vestiva come una regina, con scialli ricamati e scintillanti, e andava alla messa grande. Tornava e, unico giorno, sedeva davanti a casa, su una panca, a guardare le montagne. Bambina, seduta accanto, guardavo lei e guardavo le mole possente delle Tofane: mi parevano due vecchie sorelle, una in fronte all’altra, in un silenzioso colloquio.
Poi, un anno, Giuditta non c’era più. Era passato Dio. Del resto, lei era tanto, che lo aspettava.

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