
Se i corsi anti-fake news non sono una fake news, significa che siamo alla frutta

Forse l’allarme “fake news” sta sfuggendo di mano. Il tormentone legato alla post-verità, tirato in ballo per giustificare risultati politici non previsti dai (e non graditi ai) principali media come la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti o quella della Brexit in Gran Bretagna, sembra inarrestabile.
«COMBATTERE LE NOTIZIE FALSE». In California sono già state proposte due diverse leggi per «combattere le notizie false», insegnando agli studenti del liceo come identificare una notizia inventata nel mare magnum dei media e dei social. Secondo la proposta di Bill Dodd, lo Stato della California dovrebbe creare un nuovo curriculum in “alfabetismo dei media” per insegnare pensiero critico, ricerca indipendente e «cittadinanza digitale». Come se quella analogica non fosse sufficiente.
«RAGIONAMENTO CIVICO ONLINE». Jimmy Gomez, invece, ha proposto di introdurre nei diversi curricula elementi di «ragionamento civico online» per insegnare ai giovani a discernere «tra le notizie scritte per informare e le false notizie scritte per ingannare». Il parlamentare è preoccupato perché, afferma riferendosi alle ultime elezioni americane, «abbiamo visto gli effetti corruttori di una campagna di propaganda sospinta dalle fake news».
COS’È UNA FAKE NEWS? Resta da capire chi stabilisce che cos’è una fake news e quali news sono vere o false. Che l’Associated Press abbia definito “falso” il giudizio di Trump su Meryl Streep («sopravvalutata») perché ha vinto tanti premi, lascia presagire che si tratti solamente dell’ennesima campagna ideologica per screditare opinioni e giudizi di valore alternativi.
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